Israele attacca un leader di Hezbollah a Beirut violando il cessate il fuoco. Netanyahu ritira la nomina del nuovo capo dello Shin Bet.
Negli ultimi mesi, la regione mediorientale ha vissuto un periodo di relativa tregua, soprattutto dopo l’accordo di cessate il fuoco raggiunto a novembre tra Israele e Hezbollah. Una tregua necessaria dopo oltre un anno di ostilità lungo il confine israelo-libanese, culminate con il conflitto dell’estate 2006 e le successive tensioni alimentate da scontri periodici. Tuttavia, i segnali di instabilità non si sono mai completamente placati: razzi lanciati dal sud del Libano, incursioni isolate, e continui scambi di accuse tra le parti.

Un fragile equilibrio in Medio Oriente
Anche in questo fragile contesto, la situazione a Gaza ha continuato a peggiorare, con bombardamenti e operazioni militari israeliane che hanno causato migliaia di vittime civili, tra cui un numero allarmante di bambini. Secondo l’Unicef, negli ultimi dieci giorni almeno 322 minori sono stati uccisi e oltre 600 feriti, evidenziando il drammatico impatto umanitario del conflitto.
Un attacco mirato e una decisione politica inattesa
Nel cuore della notte, un nuovo colpo ha fatto tremare la regione: le Forze di difesa israeliane hanno confermato di aver condotto un raid su Beirut, precisamente nel distretto meridionale di Dahieh, roccaforte di Hezbollah. L’obiettivo, secondo l’esercito, era un alto operativo del movimento sciita, accusato di aver pianificato un imminente attentato contro civili israeliani. L’attacco, che ha ucciso il presunto leader, rappresenta il secondo raid su Beirut dalla fine della tregua e ha già suscitato la reazione delle autorità libanesi, che parlano di “palese violazione” della risoluzione ONU 1701.
A sorprendere ancora di più è stata la scelta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di annullare improvvisamente la nomina di Eli Sharvit, ex comandante della Marina, come nuovo capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interna. Una decisione inaspettata che apre interrogativi sul futuro dell’intelligence israeliana in un momento in cui il Paese è impegnato su più fronti.
Il messaggio è chiaro: la spirale di violenza sembra lontana dall’essere spezzata, e Israele è pronto a colpire “qualsiasi parte del Libano contro qualsiasi minaccia”.