Indifferenza generale per gli attacchi della Turchia contro i curdi al confine con la Siria e l’Iraq. La comunità internazionale non interviene.
Un nuovo attacco della Turchia contro i curdi nel nord della Siria e nel Kurdistan iracheno dopo aver accusato il Pkk per l’attentato ad Istanbul. Per reazione, o come scusa, Erdogan ha lanciato una nuova offensiva contro il popolo suo nemico provocando la morte di 184 curdi ritenuti terroristi appartenente al Pkk e all’Ypg. “Continueremo la nostra lotta fino alla distruzione dell’ultimo terrorista”, ha detto il ministro della difesa turco.
L’aviazione turca ha dato il via all’offensiva militare bombardando il nord di Iraq e Siria colpendo in particolare Kobane e Derik, la prima città simbolo della resistenza curda all’Isis. Questa è l’area che Erdogan vorrebbe creare come cuscinetto e rispedire i rifugiati. Il presidente turco ha annunciato anche una probabile operazione di terra per distruggere le forze curde e punire gli organizzatori dell’attentato che non è mai stato rivendicato dal Pkk.
L’Occidente non interviene perché ha bisogno di Erdogan
In più, nel Kurdistan iracheno si scatenano anche i missili iraniani. L’Iraq è sotto assedio. Il raid turco ha colpito le province di Raqqa e Hassake e Aleppo, causando la morte di 18 combattenti curdi e membri delle forze alleate locali, 12 soldati siriani e un civile.
Il tutto nel silenzio generale della comunità internazionale. La Russia, indebolita la sua posizione a livello internazionale e militare per la guerra in Ucraina, non si è opposta agli attacchi turchi nei confronti dei curdi. Stesso atteggiamento da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente perché Erdogan si è posto nello scontro tra Mosca e Kiev come mediatore fondamentale. Inoltre, pesa il suo veto su Svezia e Finlandia per l’entrata nella Nato.
“Mosca in questo momento non ha la forza per intervenire, mentre Erdogan per gli Stati Uniti resta una pedina utile, visto come si sta dando da fare per mediare tra Russia e Ucraina. La suddivisione bipolare che era stata garantita dalla Guerra fredda vede oggi quelle nazioni un tempo costrette a sottostare alle indicazioni americane e russe muoversi tranquillamente e la forza militare tornare a sostituirsi alla politica e alla diplomazia” ha detto in un’intervista il generale Carlo Jean, esperto di strategia.