Uber Eats, stop alle consegne in Italia dal 15 luglio

Uber Eats, stop alle consegne in Italia dal 15 luglio

Dopo l’annuncio di Uber Eats, molti lavoratori sono a rischio: “Fattorini senza tutele rischiano di piombare a reddito zero”.

Dopo sette anni di consegne a domicilio sul territorio italiano, di Uber Eats annuncia il suo addio al Belpaese, previsto per il 15 luglio. Le previsioni future per i dipendenti che fino ad oggi hanno lavorato per l’azienda statunitense iniziano a farsi preoccupanti. Cosa succederà adesso?

Food delivery, app consegna a domicilio

Fra meno di un mese Uber Eats ha deciso di chiudere i battenti nel mercato italiano, dove migliaia di rider e dipendenti dell’azienda adesso rischiano di rimanere senza lavoro. Oltre che in Italia, l’azienda ha deciso di cessare la propria attività di consegne a domicilio anche in Israele.

Uber Eats: “L’impegno verso l’Italia”

E’ stata Dara Khosrowshahi, amministratore delegato di Uber, ha annunciato la notizia. “Il nostro viaggio con Uber Eats è iniziato a Milano nel 2016”, si legge nella nota, dove l’azienda ricorda il percorso al fianco di migliaia di ristoranti partner che hanno potuto beneficiare dei nostri servizi per ampliare la loro clientela e le loro opportunità di business, specie in periodi critici come quello dovuto al Covid”.

In sette anni di attività, migliaia di corrieri e delivery hanno avuto la possibilità di guadagnare attraverso l’app “in modo facile e immediato”. Ma “in questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo”.

Khosrowshahi spiega che l‘”obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti, in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma”.

Uber Eats ribadisce “il nostro impegno verso l’Italia, che non intendiamo assolutamente abbandonare, questa decisione ci consentirà di concentrarci ancora di più sui nostri servizi di mobilità, dove stiamo registrando una crescita importante”.  

Il licenziamento dei dipendenti

Con la cessazione delle attività di Uber Eats in Italia, di conseguenza chiuderanno anche gli uffici che erano stati aperti in Italia. Si procederà quindi con una procedura di licenziamento collettivo per tutti i dipendenti, circa 40 lavoratori, quasi tutti operativi nella sede di Milano.

“Ai fattorini, invece, non spetta nulla come al solito, essendo formalmente in regime di collaborazione autonoma a ritenuta d’acconto o in partita iva, restano sprovvisti di tutela dal licenziamento e di ogni copertura sociale”, chiosa il sindacato Deliverance Milano.

Proprio per quanto riguarda il trattamento riservato ai fattorini, l’azienda statunitense nel 2020 era finita sotto amministrazione giudiziaria nell’ambito di una inchiesta della procura di Milano. Il provvedimento era stato poi revocato nel marzo del 2021 dopo il riconoscimento del percorso “virtuoso” intrapreso.

I sindacati spiegano la chiusura di Uber Eats con “una mancata crescita nel settore rispetto alle aspettative” degli investitori. Per Deliverance, “il mercato del delivery è saturo e non basta alle multinazionali come Uber, Deliveroo, Glovo o Foodora comprimere al massimo il costo del lavoro e il rischio d’impresa, scaricandolo sulle spalle dei lavoratori attraverso il cottimo, per restare in piedi”.

Interventi sui lavoratori licenziati

La Cisl commenta la notizia riferendosi al licenziamento dei lavoratori: “La cessazione delle attività di Uber Eats in Italia richiede interventi immediati per tutelare tutti i lavoratori impegnati nelle attività di food delivery”.

Oltre alla cassa integrazione straordinaria e adeguati percorsi di ricollocazione, vanno riconosciute anche “soluzioni capaci di dare certezze a migliaia di persone inquadrate con rapporto autonomo, che altrimenti rischiano di piombare a reddito zero”, conclude la Cisl.