La vera storia di Leonarda Cianciulli, nota come la “Saponificatrice di Correggio”, con l’uccisione di tre donne.
Leonarda Cianciulli è un nome che evoca uno dei capitoli più oscuri e raccapriccianti della cronaca italiana, soprattutto per tre donne. Conosciuta come la “Saponificatrice di Correggio”, Leonarda è ricordata per i suoi macabri omicidi, avvenuti nel corso degli anni ’40, che la resero tristemente celebre. La sua storia, piena di superstizioni, dolore e delitti brutali, continua a suscitare orrore e incredulità.
Le origini di Leonarda Cianciulli
Nata nel 1893 a Montella, in provincia di Avellino, Leonarda ebbe un’infanzia difficile, segnata da povertà, abusi e problemi di salute mentale. Si sposò nel 1917 con Raffaele Pansardi, un impiegato pubblico, contro il volere della madre. Si trasferì a Correggio, in Emilia-Romagna, dove si stabilì con la sua famiglia e aprì un piccolo negozio.
Leonarda, ossessionata dalle credenze superstiziose, era convinta che una maledizione lanciata da sua madre continuasse a perseguitarla, portandola a vivere una vita travagliata. Questo senso di ineluttabile condanna, unito alla disperazione di proteggere i suoi figli, divenne il punto di partenza della sua discesa nel crimine.
Gli omicidi delle donne e il macabro rituale
Tra il 1939 e il 1940, Leonarda Cianciulli uccise tre donne del paese. Le sue vittime – Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo – furono attirati nella sua casa con false promesse di lavoro o matrimoni. Una volta lì, le donne vennero drogate, uccise e smembrate. Ma il dettaglio più raccapricciante è ciò che Leonarda fece con i corpi delle sue vittime: utilizzò il grasso per fabbricare sapone e biscotti, che poi distribuiva ai vicini e consumava lei stessa. Questo atto macabro le valse il soprannome di “Saponificatrice di Correggio”.
Leonarda fu arrestata nel 1940 e confessò senza remore i suoi crimini. Durante il processo, la sua lucidità e l’assenza di rimorso la resero un caso da manuale per psichiatri e criminologi. Condannata a 30 anni di carcere e tre di manicomio, morì nel 1970 nell’ospedale psichiatrico di Pozzuoli.