Querela tra Vannacci e Bersani: il generale della Lega è disposto a ritirare le accuse se l’ex segretario del Pd si scusa pubblicamente.
Il generale Roberto Vannacci, europarlamentare della Lega, ha dichiarato di essere disposto a ritirare la querela per diffamazione nei confronti di Pier Luigi Bersani.
L’unica condizione? Che l’ex segretario del Partito Democratico formuli pubblicamente delle scuse. Non solo, il Generale richiede che siano: “Associate a una donazione a un’associazione di militari e poliziotti vittime del dovere“.
Il generale Vannacci e l’ultimatum a Bersani per la querela
Come riportato da Adnkronos.com, il generale Vannacci sembra voler dare un segnale di distensione, invitando Bersani a compiere un gesto che vada oltre la semplice ammissione di colpa.
“Offro la possibilità di chiudere definitivamente questa vicenda impegnandomi a ritirare la querela, a condizione che le scuse pubbliche dell’onorevole Bersani siano associate a una donazione a un’associazione di militari e poliziotti vittime del dovere“, ha affermato.
Il generale ha aggiunto che un tale gesto rappresenterebbe: “Un segnale concreto di volontà nel superare l’accaduto oltre che un’opportunità per contribuire a una causa di grande valore morale“.
La causa delle offese
La controversia tra Vannacci e Bersani risale a circa un anno fa, quando, durante un intervento alla festa dell’Unità, l’ex segretario Pd utilizzò un termine poco ortodosso per riferirsi al generale.
Ciò in risposta alle opinioni espresse nel libro del Generale, “Il mondo al contrario“. “Io ho letto solo i sommari” – aveva dichiarato Bersani – “Quando leggi quelle robe lì pensi: sciogliamo l’esercito, sciogliamo le istituzioni, facciamo un grandissimo bar, il bar Italia“.
Ecco, quindi, la frase incriminata: “Mi resta una domanda: se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile dare del c* a un generale?”.
Per l’europarlamentare, queste parole superano il limite del confronto politico. “Non nutro alcuna ossessione personale nei suoi confronti; tuttavia, da parte di un rappresentante delle istituzioni del suo livello, non è tollerabile l’uso di un linguaggio offensivo sul piano personale, che rischia di legittimare e incentivare violenze verbali estranee al dibattito civile“, ha concluso.