“Vermi che uscivano dalle orecchie”: madre costringe il figlio disabile a mangiare tra i rifiuti

“Vermi che uscivano dalle orecchie”: madre costringe il figlio disabile a mangiare tra i rifiuti

Madre e compagno condannati per aver maltrattato il figlio disabile, costringendolo a mangiare rifiuti. Il giovane, ridotto pelle e ossa.

In una drammatica vicenda di abusi e maltrattamenti, una madre e il suo compagno sono stati condannati a Torino per aver ridotto in fin di vita il figlio disabile della donna. Il giovane, di vent’anni, pesava appena 30 chili quando è stato soccorso. Il procuratore aggiunto, durante la requisitoria, ha dichiarato: “In rari casi ho visto un quadro così drammatico: sarebbe stata questione di ore, non di giorni, e questo ragazzino sarebbe morto. Era ridotto così pelle e ossa che io ho visto immagini del genere solo nei campi di concentramento“.

Un caso di maltrattamento estremo

Secondo le testimonianze, il ragazzo viveva in condizioni disumane, costretto a rovistare tra i rifiuti dei vicini per nutrirsi. La madre, che ha altre due figlie, si è difesa affermando che era il compagno a dover badare al figlio mentre lei lavorava. Tuttavia, il tribunale ha ritenuto entrambi responsabili dei maltrattamenti e delle lesioni inflitte al giovane.

Condizioni disumane e sofferenza inimmaginabile

Il giovane è stato trovato in uno stato di salute gravissimo: lividi su tutto il corpo e vermi che fuoriuscivano dalle orecchie. È stato portato in ospedale in condizioni critiche, incosciente e denutrito. I medici hanno lavorato instancabilmente per salvarlo e, dopo due mesi di cure intensive, è stato trasferito in una comunità-alloggio.

Le accuse contro la madre e il compagno sono pesanti. Il giovane, affetto da un ritardo mentale, sarebbe stato sottoposto a continui maltrattamenti, costretto a letto con cinghie, privato di cibo e costretto a vivere in condizioni igieniche pessime. Il procuratore ha sottolineato come la gravità della situazione non avesse precedenti nella sua carriera.

La sentenza ha visto la condanna della madre e del compagno a 5 anni e 4 mesi di carcere. La madre ha inoltre perso la potestà genitoriale sul figlio, mentre è stata disposta una provvisionale di 25.000 euro in favore del giovane.

Questa tragica storia mette in luce la necessità di un controllo più rigoroso delle condizioni di vita dei soggetti più vulnerabili e di un intervento tempestivo per prevenire simili atrocità. Le parole del procuratore aggiunto risuonano come un monito: nessun essere umano dovrebbe mai trovarsi in una situazione di tale degrado e sofferenza.

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