Delitto di via Poma: su Simonetta c’erano tracce del Dna del killer

Delitto di via Poma: su Simonetta c’erano tracce del Dna del killer

Dopo più di trent’anni dal famoso assassinio il caso sta nuovamente entrando nel vivo: a fare nuove rivelazioni è un noto criminologo.

Il caso di via Poma in cui ha perso la vita la 20enne Simonetta Cesaroni è ancora irrisolto dopo più di decenni ed in questi giorni sta ricevendo grande attenzione a causa delle rivelazioni di alcuni protagonisti della vicendacome quella di Giuseppe Macinati – avvenuta a Roma il 7 agosto del 1990.

Franco Posa, criminologo di fama internazionale ed esperto di neuroscienze forensi e cold case, sta affrontando nuovamente il delitto. L’esperto, intervistato da Tgcom24, ha affermato che “con la collega Jessica Leone stiamo conducendo un’attività tecnico-scientifica particolarmente innovativa con lo scopo di fornire nuovi elementi agli inquirenti“.

Il Dna dell’assassino?

La rivelazione più sconvolgente, fra quelle fatte da Posa, è sicuramente quella della possibile presenza di Dna sul corpo di Simonetta Cesaroni: “Ci sono segni dei quali non si trova traccia nelle perizie fatte nel corso degli anni. Parliamo, per esempio, della regione del collo e di una mano, dove vi era peluria che non è stata studiata e valutata. Il che lascia pure un pochino basiti. Però, era un’altra epoca”.

C’era questa peluria – ha aggiunto il criminologo – che non è stata repertata. Dagli ingrandimenti fatti con tecniche innovative, le evidenze che sono saltate fuori sono tante. Quindi: lesioni mai descritte con precisione, materiale biologico come questa peluria depositata su una mano e un’impronta sul collo che stiamo studiando. Grazie a una tecnica che permette di ingrandire questa lesione, possiamo misurarla e confrontarla con lo strumento che probabilmente è stato usato per stringere”.

La personalità dell’assassino

C’è un overkilling e c’è efferatezzaha commentato Franco Posa sui tratti psicologici del killer di Simonetta -. Stiamo utilizzando una tecnica di autopsia psicologica estremamente innovativa per fornire a chi indaga un’idea confortante nei confronti di individui di cui si sospetta e che poi dovrà interrogare”. 

Anche a questo si può dare una risposta – replica il criminologo sulla possibilità che la vittima sia stata aggredita alle spalle -. Così come al corpetto della ragazza che viene adagiato sul cadavere dopo la morte. L’intenzione di coprire il corpo ha un significato che noi sappiamo interpretare molto bene e che, insieme alla dinamica criminale, può dare risposte utili a chi dovrà investigare”.

L’avvocato: “Positivo che sia stato riaperto il caso ma bisogna accelerare”

Federica Mondani, legale della famiglia Cesaroni, ha parlato con Tgcom24 della riapertura del caso di via Poma, definendola un “qualcosa di assolutamente positivo, perché significa che la Procura è sempre attiva e vigile su questa vicenda“. “Adesso, però, bisognerebbe accelerare le indagini, perché il tempo non è dalla nostra parte“, ha comunque aggiunto l’avvocato.

Potrebbe essere stato una persona di cui Simonetta si fidava – ha commentato Federica Mondani su chi potrebbe essere il killer – quindi conosciuta. Oppure qualcuno con cui poteva avere avuto un rapporto di confidenza, una figura anche solo incontrata. Oppure qualcuno che, per il ruolo che rivestiva, abbia potuto indurla ad aprirgli la porta. Quindi, una persona non necessariamente conosciuta ma che rivestiva un ruolo professionale, o istituzionale, tale per cui lei lo fece entrare. Vedremo quali saranno le conclusioni delle indagini. Non resta che aspettare. Speriamo solo che facciano presto”.