Vittorio Feltri riflette sulla crudele ironia della giustizia americana in merito alla pena di morte.
L’esecuzione di Kenneth Eugene Smith, avvenuta ieri in Alabama, segna un momento storico di profonda contraddizione nel cuore della nazione che si autodefinisce baluardo della libertà. Vittorio Feltri, giornalista e scrittore italiano noto per le sue posizioni incisive, riflette su questo paradosso. Infatti, tutto ciò avviene in un paese che, pur essendo un faro di democrazia, persiste nell’uso di metodi di esecuzione che sfiorano la tortura.
Vittorio Feltri e la pena di morte: un paradosso di civiltà
La storia di Kenneth Smith, condannato a morte per un omicidio commesso nel 1988, è emblematica del profondo divario tra i principi di giustizia e le pratiche punitive. La sua esecuzione, posticipata di ore in attesa del responso della Corte Suprema, si è trasformata in una sorta di agonia prolungata, accentuando il carattere crudele e inumano della pena capitale.
Questo episodio non solo solleva questioni etiche sull’omicidio di stato, ma evidenzia anche l’arcaicità di un sistema che si aggrappa a metodi barbare, nonostante i progressi nel campo dei diritti umani.
Il dilemma etico: giustizia o vendetta
Feltri pone l’accento sulla contraddizione fondamentale della pena di morte: l’utilizzo dell’omicidio come strumento per punire un omicidio. Tale pratica sembra evocare la legge del taglione, un concetto primitivo di “occhio per occhio, dente per dente”, che appare sorpassato in un mondo che aspira alla civiltà e al progresso.
Il caso di Smith, in particolare, mette in luce l’aspetto sadico e vendicativo di questo metodo di punizione, distante anni luce dalla nozione di giustizia rieducativa, che dovrebbe essere al centro di un sistema penale avanzato. Il dilemma morale sollevato dal giornalista italiano si estende oltre il singolo caso, interrogando la società su quale debba essere il vero scopo della giustizia.
La pena di morte, nella sua crudeltà e finalità ultimativa, non offre redenzione, né recupero, ma si limita a una dimostrazione di forza bruta, contraria a qualsiasi principio di umanità e progresso. In un’era in cui i valori di tolleranza e comprensione reciproca dovrebbero prevalere, l’esecuzione di Smith rappresenta un passo indietro, un ritorno a tempi bui che l’umanità dovrebbe aver superato.