Vittorio Feltri, forte critica al totalitarismo semantico: “Uso parole proibite, me ne vanto”

Vittorio Feltri, forte critica al totalitarismo semantico: “Uso parole proibite, me ne vanto”

il mondo provocatorio di Vittorio Feltri e il suo sguardo irriverente sul politically correct attraverso le parole ‘proibite”.

Vittorio Feltri torna all’attacco con il suo ultimo lavoro editoriale, puntando il dito contro la censura linguistica imposta dal politically correct. Il suo nuovo libro, previsto per il 31 ottobre, esplora l’evoluzione delle parole e l’impatto della censura semantica sulla società contemporanea.

Vittorio Feltri

Il potere delle parole secondo Vittorio

Nel suo libro provocatorio intitolato “I fascisti della parola. Da negro a vecchio, da frocio a zingaro, tutte le parole che il politically correct ci ha tolto di bocca” (Rizzoli), Feltri si immerge nell’analisi di come alcune espressioni siano state trasformate in tabù. Dagli estratti pubblicati, emerge una critica mordace verso l’autocensura imposta dal timore di offendere, che sta condizionando la società sia in Italia che all’estero.

Feltri evidenzia come oggi, parole come “negro” siano diventate ingiurie, a dispetto della loro connotazione originale. L’autore invoca una riflessione sul crescente controllo semantico che, secondo lui, sta erodendo la libertà di espressione.

Un esempio lampante di tale problematica è rappresentato dall’incidente occorso a Fausto Leali nel 2020 durante il Grande Fratello Vip. Leali, dopo aver utilizzato la parola “negro” in un contesto non dispregiativo, è stato espulso dallo show, illustrando così la tensione esistente attorno all’uso di certi termini.

Feltri sottolinea l’importanza di distinguere tra l’uso discriminatorio del linguaggio e l’uso liberale delle parole, promuovendo una discussione più aperta e meno isterica sul tema.

La provocazione continua: l’omosessualità secondo il giornalista

Feltri estende la sua analisi anche alla terminologia legata all’omosessualità, mettendo in luce l’ironia e la contraddizione presenti nel discorso pubblico. L’aneddoto dell’intervista a Paolo Isotta illustra perfettamente il punto di vista di Feltri, che invita a ridere delle assurdità piuttosto che indignarsi per l’uso libero della lingua italiana.

Alla fine, Feltri propone una riflessione profonda sulla necessità di separare l’uso liberale del linguaggio dalla discriminazione effettiva, invitando a una maggior comprensione e apertura mentale.

Attraverso una disamina audace e irriverente, Feltri ci porta in un viaggio di scoperta attraverso il paesaggio linguistico attuale, stimolando una discussione necessaria sul valore della libertà di espressione in una società sempre più polarizzata.