Si cerca di far luce sul caso Yara Gambirasio, le responsabilità di Massimo Bossetti e il caos depistaggio contestato alla pm Letizia Ruggeri.
Letizia Ruggeri, la magistrata che ha dato un volto all’assassino di Yara Gambirasio, e che è ora indagata per depistaggio e frode processuale per aver spostato quelle provette dal frigo dell’ospedale milanese San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo che avrebbero dovuto contenere il Dna di Massimo Bossetti, ha spiegato la sua decisione e le sue mosse. Le novità da un verbale la cui versione integrale, rimasta finora inaccessibile, è in possesso dell’Adnkronos.
Yara Gambirasio, le parole della pm sulle provette
“In quelle 54 provette non c’è più niente, non c’è più nulla che possa essere analizzato, perché il Dna di Bossetti che è stato utilizzato è stato tutto consumato nella fase delle indagini preliminari”. Sono queste le parole della pm Ruggeri che emergono dal verbale messo agli atti nel 2021. “La custodia io l’ho fatta curare con le massime cautele fino al passaggio in giudicato della sentenza”, si legge ancora. Successivamente, dopo la Cassazione arriva la decisione di custodire le provette a “temperatura ambiente” perché “non ho ritenuto di onerare lo Stato di una spesa inutile”. Tale verbale risale, come detto, al 2021 e precisamente al 10 marzo ed è in possesso dell’Adnkronos.
La speranza dei legali di Bossetti
La vicenda delle provette con il Dna è tornata altamente bollente visto che, proprio su di esse, la difesa di Massimo Bossetti vorrebbe puntare tutto per tentare la revisione del processo attraverso un nuovo esame. Va precisato, però, che per la pm Ruggeri quella traccia genetica, la prova regina contro Bossetti, è “lampante, chiarissima” e “assolutamente inequivocabile”. “Per 45 udienze, ne abbiamo discusso molto approfonditamente” e “la sentenza della Cassazione fa piazza pulita di tutti i dubbi”.