Il 23 gennaio 1994 una Lancia carica di esplosivo sarebbe dovuta esplodere durante Roma-Udinese, all’Olimpico. L’attentato mafioso non avvenne per difetto del detonatore.
Il 23 gennaio 1994 la mafia aveva progettato un attentato devastante nella Capitale. Alcuni dei principali boss delle cosche palermitane avevano deciso di collocare un’autovettura imbottita di esplosivo nei pressi dello Stadio Olimpico.
Lo stragismo mafioso
Nonostante l’arresto di Riina, Cosa Nostra continua con lo stragismo dopo Capaci e Via D’Amelio. Nel 1993, infatti, la mafia commette attentati a Firenze, Milano e Roma, ai danni del patrimonio artistico italiano.
Così, a fine maggio, alcuni mafiosi di Brancaccio, Corso dei Mille e Roccella (Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano, Salvatore Grigoli), macinano e confezionano cinque forme di esplosivo in un magazzino, tagliando dei tondini di ferro che dovevano servire ad amplificare l’effetto distruttivo dell’ordigno.
23 gennaio 1994, Stadio Olimpico
Trasportato l’ordigno nella Capitale, Spatuzza fece un sopralluogo alla Stadio Olimpico. L’attentato sarebbe dovuto avvenire il 23 gennaio 1994, in occasione di Roma-Udinese.
Nei pressi dell’impianto, i mafiosi collocarono una Lancia Thema rubata a Palermo. L’ordigno sarebbe dovuto deflagrare al passaggio di un pullman dei carabinieri. L’innesco si inceppò – per un difetto del telecomando – e, fortunatamente, l’ordigno non esplose. Nei giorni successivi, il veicolo fu rimosso e demolito.
Nel 1998 Cosimo Lo Nigro, Gaspare Spatuzza, Francesco Giuliano, Luigi Giacalone, Salvatore Benigno, Pietro Carra, Antonio Scarano, Antonino Mangano e Salvatore Grigoli furono riconosciuti come esecutori materiali del fallito attentato allo Stadio Olimpico nella sentenza per le stragi del 1993.