Gli accordi di Minsk possono risolvere la crisi tra Russia e Ucraina ma il problema è che manca una lettura univoca dei documenti.
La risoluzione della crisi in Ucraina sembra ruotare intorno agli accordi di Minsk, che tutti citano dall’inizio dell’emergenza. Il problema è legato al fatto che Kiev e Mosca interpretano gli accordi in modo differente, e questo complica decisamente la questione. Ma cosa sono gli accordi di Minsk? Cosa prevedono? E perché possono portare ad una risoluzione della crisi?
Cosa sono gli accordi di Minsk
Dobbiamo fare innanzitutto un passo indietro e tornare al 2015. La situazione in Ucraina era particolarmente difficile per i combattimenti nella regione del Donbass. Nel corso del 2014 alcune aree di quella regione dell’Ucraina erano state conquistate da separatisti filo-russi che iniziarono una sorta di guerriglia. Nascevano così la Repubblica popolare di Luhansk e la Repubblica popolare di Donetsk.
Il Protocollo di Minsk nasce quindi per mettere fine alle ostilità nell’Ucraina controllata dai filorussi. L’accordo viene firmato dai delegati di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR), e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR) e le trattative vengono controllate dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Euoropa (Osce). Il trattato è stato poi approvato anche dalle Nazioni Unite, che di fatto hanno riconosciuto e ratificato gli accordi raggiunti.
È bene specificare che tra il 2014 e il 2015 sarebbero stati siglati due accordi. Con il primo, quello del 2014, si era arrivati semplicemente al cessate il fuoco e allo scambio dei prigionieri. Con il secondo accordo, quello del 2015, Kiev si impegnava a dare maggiori poteri alle Repubbliche separatiste.
Cosa prevede il Protocollo
L’accordo prevedeva innanzitutto la fine delle ostilità con il cessate il fuoco immediato e il ritiro delle armi pesanti dal fronte. Inoltre le parti avrebbero dovuto procedere con lo scambio di prigionieri. Dal punto di vista politico, con il secondo accordo (Minsk-2) l’Ucraina si impegnava a concedere maggiori poteri alle due Repubbliche separatiste.
In sintesi, i punti principali del secondo accordo di Minsk prevedevano:
Cessate il fuoco bilaterale immediato e ritiro delle armi pesanti sotto il controllo dell’OSCE
Decentralizzazione del potere per garantire maggiori poteri alle Repubbliche separatiste nate nel Donbass
Rilascio immediato dei prigionieri
Impegno a portare avanti il dialogo
Misure per migliorare le condizioni della popolazione della regione del Donbass.
Ovviamente abbiamo riportato i punti salienti dell’accordo. In un primo momento la firma dell’accordo avrebbe effettivamente portato ad una distensione. Poi gli accordi non sarebbero più stati rispettati.
Le interpretazioni
Gli accordi di Minsk sono stati messi in pratica per quanto riguarda il cessate il fuoco, il ritiro delle armi dal fronte e lo scambio dei prigionieri. Il nodo principale è legato alle Repubbliche separatiste.
Come visto, con il secondo accordo di Minsk, Kiev si impegna a procedere con un decentramento dei poteri per riconoscere alle due Repubbliche uno statuto speciale. L’Ucraina però ritiene che queste condizioni siano troppo favorevoli alla Russia. Quindi temporeggia.
La tesi di Kiev è che per passare all’attuazione dei punti politici degli accordi si debbano prima risolvere i punti militari. Mosca, al contrario, ritiene che prima debbano essere attuati gli impegni politici e poi quelli militari. Per la Russia si deve prima procedere con le elezioni e il riconoscimento dello statuto speciale per il Donbass.
L’Ucraina pretende che la Russia si ritiri permettendo all’Ucraina di riprendere pieno controllo della regione del Donbass. A quel punto si potrebbe procedere con il riconoscimento di uno statuto speciale alle due Regioni separatiste. In questo modo la Russia perderebbe il controllo di una parte importante della zona e di fatto non avrebbe più voce in capitolo nelle questioni dell’Ucraina. E la questione importate è una. L’adesione dell’Ucraina alla NATO, che la Russia ha fatto sapere di non poter accettare.