Vietata l’affissione di pubblicità sessiste in strada e sui mezzi pubblici: lo stabilisce il nuovo decreto legge.
L’Italia vieta l’affissione in strada o sui mezzi pubblici di tutti i messaggi che veicolano discriminazioni nei confronti delle donne, delle persone con disabilità, della comunità lgbt+ o delle persone straniere. Sono quindi vietate tutte le pubblicità sessiste che contribuiscono ad alimentare gli stereotipi di genere o quelle che perpetuano messaggi discriminatori nei confronti di gruppi etnici, persone con disabilità o la comunità lgbt+.
Il divieto è stabilito da una norma contenuta nel decreto legge Infrastrutture. Camera e senato hanno approvato il decreto, che sarà convertito in legge. Il Governo ha approvato il testo con 190 voti favorevoli e 34 contrari.
Il disegno di legge
“Il presente disegno di legge è volto a fornire una risposta concreta alla lotta contro le discriminazioni di genere, perpetrate sotto forma di utilizzo di immagini che trasmettono, non solo esplicitamente, ma anche in maniera allusiva, simbolica, camuffata, subdola e subliminale, messaggi che suggeriscono, incitano o non combattono il ricorso alla violenza esplicita o velata, alla discriminazione, alla sottovalutazione, alla ridicolizzazione, all’offesa delle donne.” Sono queste le parole che compaiono all’interno del disegno di legge.
L’abolizione delle discriminazioni
Il disegno di legge sancisce l’abolizione di qualsiasi pubblicità sessista in cui appaiono corpi femminili utilizzati come oggetto, per la mera sponsorizzazione di prodotti commerciali. Abolite anche le pubblicità antiabortiste, in cui sono discriminate le persone che decidono di porre fine ad una gravidanza. Vietate anche le pubblicità che utilizzano la virilità tossica propinandola come metro per misurare il successo. La norma in questione si riferisce però soltanto alle pubblicità affisse per strada oppure sui mezzi pubblici. Sono esenti dagli effetti della norma gli spot pubblicitari e le rappresentazioni cinematografiche.
Secondo quanto previsto dal testo, vige “il divieto di pubblicità che proponga messaggi sessisti o violenti”. O ancora “stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, dell’appartenenza etnica. Oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere, alle abilità fisiche e psichiche”.