La Cei pubblica il rapporto sugli abusi su circa 89 vittime che però insorgono dicendo che non si parla di risarcimenti.
In Italia tra il 2020-2021 sono stati segnalati 89 casi di pedofilia nell’ambito della Chiesa secondo il report della Cei sulla tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Tra i casi segnalati 61 sono nella fascia di età 10-18 anni, 16 tra gli over 18 e 12 sotto i 10 anni.
La maggior parte sono donne mentre l’artefice delle violenze rientra in una fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni e per la maggiore sono chierici, seguiti da laici (insegnanti di religione, sagrestano, animatore di oratorio, catechista) e infine religiosi. Il contesto nel quale sono avvenuti i reati è per la maggior parte ambito parrocchiale o nella sede di un’associazione o seminario.
Le critiche al rapporto voluto da Papa Francesco: l’omertà della Chiesa
L’associazione italiana Rete l’Abuso che raccoglie diverse vittime di preti pedofili ha definito «al limite del ridicolo» il primo report della Cei. In primo luogo perché raccoglie solo i dati degli sportelli diocesani. «Sono esclusi dal report tutti i casi (sempre riguardanti sacerdoti italiani) denunciati alla magistratura o all’associazione o direttamente alla Congregazione della Dottrina della Fede.” dicono.
Inoltre non è stato fatto alcun accenno a indennizzi e nessun supporto alle vittime di abusi. Esistono solo 23 strutture sul territorio che assistono e curano i sacerdoti abusatori. L’associazione continua dicendo che non è stato fatto alcun accenno alla collaborazione con polizia, carabinieri, magistratura «tranne ovviamente quando vengono indagati e sono costretti a farlo” precisa.
Non si sa dove siano i preti e laici citati, se e quali provvedimenti sono stati effettivamente presi, facendo presente che per i laici che nel report risultano più dei preti, la Chiesa non può imporre controllo ed il tutto si riduce a mera omertà».