Una riflessione che ha generato emozione ma anche stupore per intensità e coraggio: le parole di Enrico Mentana durante il TgLa7.
Sta facendo tanto parlare la vicenda legata al giovane bracciante indiano, rimasto gravemente ferito in un incidente sul lavoro, lunedì 17 giugno, e abbandonato fuori casa. Il trentunenne è poi morto all’ospedale San Camillo di Roma, nella giornata del 19 giugno. Di questo terribile episodio, per il quale è stata aperta un’indagine, ha parlato al TgLa7 Enrico Mentana con una riflessione decisamente forte.
Mentana, il commento sul bracciante morto
“Come tutti i braccianti di quella ditta; come tutti i braccianti o quasi, che ci sono nelle nostre campagne da Nord a Sud, come tanti altri lavoratori in nero – noi diciamo irregolari, invisibili che ci sono in Italia – ora bisogna essere molto chiari. Questo è un episodio, magari questo è particolarmente eclatante, ma ne sono successi altri ieri, ne succederanno altri domani nel silenzio, nell’indifferenza, nella inconsapevolezza generale”, ha esordito Mentana nel corso del TgLa7 delle 20.
“Allora, noi parliamo dei migranti tante volte. Sono oggetto di campagna elettorale per timore che arrivino e l’immagine non è mai quella di un cingalese o di un indiano. È quella di un enorme africano nero, che noi associamo al traffico della droga o a violenze di qualsiasi tipo. Anche perché questa è la retorica narrativa di questi anni, ma noi dobbiamo sapere che gran parte dell’economia italiana ruota attorno a queste persone, che poi scopriamo essere irregolari, in nero e sottopagate. Una volta si diceva pietosamente che venissero chiamati in Italia per fare lavori che vengono rubati agli italiani perché loro costano meno”, ha proseguito il giornalista.
L’amarezza sul nostro Paese
Successivamente ecco la parte più dura di tutta la sua riflessione: “La verità che dobbiamo dirci è che tante persone, centinaia di migliaia di immigrati irregolari, vengono chiamati da noi per fare i lavori che noi non vogliamo più fare. Ci siamo divisi in due tipi di razzisti, se posso dirlo in questi termini, quelli che proprio non vogliono stranieri, migranti, e quelli che li vogliono per fare questi lavori lontano dai nostri occhi, lontano dalle nostre garanzie retributive e anche previdenziali, facendo quelle cose che ci permettono di andare avanti”.
E ancora: “Un Paese che si dedica soltanto ai lavori che i giovani italiani vogliono fare senza dedicarsi ad altro, tanto ci pensano coloro che in qualche modo arrivano da noi. E non soltanto nelle campagne. Scusate se rubo un altro secondo… Ci sono città del nord est, Monfalcone, in cui c’è un abitante del Bangladesh, un immigrato dal Bangladesh ogni quattro italiani. E chi li ha chiamati? E a cosa servono? E poi ci lamentiamo se sono tanti, o se tutti messi insieme in una baraccopoli, svolgono i loro riti religiosi o di altro tipo? Cosa dovrebbero fare? Stare zitti e muti? E li abbiamo chiamati per fare che cosa? I lavori che volevamo fare noi o quelli che noi non vogliamo più fare?”.
Mentana ha poi concluso la sua riflessione con grande amarezza: “Non è né di destra né di sinistra questo… Abbiamo sentito la ministra, potevamo sentire capi delle opposizioni. Alcuni hanno portato anche in Parlamento colui che doveva essere il rappresentante di questi senza volto, sapete com’è andata a finire. È soltanto il momento che tutti ci rendiamo conto di cosa siamo e di cosa è diventato il nostro Paese“.