Su Il Giornale, Giovanni Toti affronta il problema nelle carceri italiane svelando cosa, secondo lui, blocca da decenni ogni riforma.
Lontano – per il momento – dalla politica, Giovanni Toti rompe il silenzio con un intervento netto sul tema delle carceri italiane. In un video pubblicato su Il Giornale, l’ex presidente della Regione Liguria denuncia l’assenza di interventi concreti sul sovraffollamento e le condizioni di vita dei detenuti, definendolo “un problema di civiltà” ignorato da decenni.
“Perché ogni anno si parla ma poi non si fa mai nulla per risolvere il problema annoso delle carceri sovraffollate?“, si chiede Toti. Ecco, a seguire, svelato il motivo.

Le soluzioni per i carceri italiani secondo Giovanni Toti
Secondo Giovanni Toti, le soluzioni per affrontare il problema esistono e sono praticabili. Ridurre la carcerazione preventiva, per esempio, sarebbe un passo fondamentale: “Sarebbe facilissimo evitarla se non ci sono esigenze di incolumità di terze persone“. Aggiunge che misure come arresti domiciliari, obbligo di firma o braccialetto elettronico potrebbero essere alternative efficace.
Anche sul piano delle strutture, la proposta è netta: via le vecchie carceri dai centri cittadini, permutandole con nuove costruzioni fuori città, realizzate in tempi rapidi grazie a permessi speciali. “Ancora abbiamo carceri ottocenteschi nei centri della città dove i valori immobiliari sono altissimi“, afferma. Basterebbe, secondo lui, cederli ai privati in cambio di nuove strutture: “Come ad esempio San Vittore, sono in posti dove costruire vale molte migliaia di euro al metro quadro“.
Il vero motivo dell’immobilismo sulle carceri
Giovanni Toti parte da un’osservazione che denuncia da tempo: si parla di carceri solo in estate o prima delle vacanze, quando qualche politico visita i detenuti. Ma poi nulla cambia. “Da ormai 20-30 anni, non si fa assolutamente nulla per risolvere quello che è un problema ormai francamente di civiltà e non solamente per chi sta in carcere“, afferma.
La sua analisi è chiara: la radice dell’immobilismo non è tecnica né economica o ideologica. Esiste, secondo l’ex governatore, una “corrente giustizialista, moralista molto diffusa nell’opinione pubblica” che influenza tutta la politica e classe dirigente, “parte della magistratura, giornalismo, classe intellettuale di questo Paese a destra e sinistra“.
Questo orientamento culturale, spiega, porta a considerare “sprecati i soldi che si buttano nelle carceri o in qualche modo immeritati per chi vi sta dentro“. Ma il punto centrale, per Toti, resta uno solo: l’idea profondamente radicata che il carcere debba essere “punitivo“. In un video pubblicato su Il Giornale conclude: “Questo credo sia un passo indietro per la nostra civiltà, così profondo da doverci interrogare“.