Matteo Renzi non le manda a dire alla Meloni e alle mosse del Governo. Il leader di IV parla apertamente di “trionfo del furbettismo”.
Dopo l’affondo ai danni del ministro Giorgetti in merito alla manovra 2026, Matteo Renzi è tornato alla carica e in un’intervista a Repubblica non le ha certo mandate a dire al Governo e alla Premier Giorgia Meloni, non solo per la legge di bilancio ma in generale per una serie di situazioni che non starebbero facendo il bene del Paese.

Renzi: l’attacco confermato a Giorgetti e Meloni
Nell’intervista a Repubblica, Renzi ha confermato quanto detto in precedenza su Giorgetti che avrebbe “perso la faccia” per come si è mosso in merito alla Manovra. “Se sto esagerando? No, perché non si è mai visto un ministro dell’Economia che non solo è sotto tutela da parte di palazzo Chigi, ma è sfiduciato dal suo stesso partito, la Lega. Siamo allo scandalo di una legge di bilancio che al 20 dicembre non ha fatto un voto”.
“Se è sempre andata così per la Finanziaria? No, solo con Meloni. Con noi al 20 dicembre eravamo alla terza lettura, non al primo voto. Stavolta non si capisce nemmeno quale maxiemendamento del maxiemendamento del maxiemendamento andrà in discussione. Oggi c’è Baglioni al Senato per il concerto di fine anno ma Io me ne andrei dovrebbe cantarla Giorgetti, non Baglioni”, ha detto il leader di Italia Viva.
L’affondo alla Premier e il “furbettismo”
Analizzando altri aspetti della legge di Bilancio, ecco il riferimento all’emendamento sul condono edilizio saltato: “Era l’ultimo regalo di una finanziaria tasse e mancette. Le opposizioni erano pronte all’ostruzionismo. La nostra senatrice, Raffaella Paita, ha chiamato La Russa e l’emendamento è stato derubricato a ordine del giorno. Era uno schiaffo ai cittadini onesti, che rispettano le regole”.
Renzi ha quindi spiegato: “Con la premier Meloni chi rispetta le regole è un fesso. È il trionfo del furbettismo“. E spiegando il suo definire “tasse e mancette”, il politico ha aggiunto: “Non ci sono misure strutturali. La pressione fiscale sale al 42,8 per cento, il rapporto debito-Pil aumenta, non hanno tagliato gli sprechi. Le pensioni minime aumentano di tre euro e lo stipendio di Brunetta al Cnel arriva invece a 240mila euro. E mettono tasse sulle sigarette, il gasolio, i pacchi, i dividendi. E poi non cresciamo […]”.