L’associazione Luca Coscioni ha pubblicato un’indagine legata alla situazione attuale dell’aborto in Italia, lanciando un allarme netto.
L’associazione Luca Coscioni, da sempre attiva nel campo dei diritti dell’individuo (fine vita, anestesia, aborto) ha pubblicato un’indagine svolta dall’informatica e giornalista Sonia Montegiove e dalla docente di Storia della medicina Chiara Lalli. L’indagine, ‘Mai Dati!’, ha analizzato le strutture sanitarie presenti sul territorio italiano, al fine di scoprire il numero esatto di strutture con la totalità di obiettori di coscienza in Italia. I dati sono sconcertanti. Parliamo di 31 strutture sanitarie italiane con la totalità di obiettori. Ma non solo: 50 strutture hanno una percentuale al di sopra del 90%, e 80 strutture hanno un tasso maggiore dell’80%. L’associazione Coscioni ha presentato l’indagine alla Camera questa mattina, 44 anni dopo l’entrata in vigore della legge 194, che legittimava l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).
Le parole dell’associazione
Filomena Gallo, segretario nazionale dell’associazione nonché avvocatessa, dichiara quanto segue. “Avere un quadro chiaro dello stato di salute di questa legge purtroppo non è facile, proprio perché non abbiamo dati aggiornati e dettagliati. Una cosa è però molto chiara: la legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese. Oggi chiediamo con urgenza al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia che i dati sull’applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati; che si sappia quanti sono i non obiettori che eseguono le Interruzioni volontarie di gravidanza e gli operatori che le eseguono dopo il primo trimestre; che tutte le regioni offrano realmente la possibilità di eseguire le Ivg farmacologiche in regime ambulatoriale; che venga inserito nei Lea un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere alla Ivg in ciascuna regione; e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell’articolo 16 della stessa 194″.
Le dichiarazioni delle ricercatrici
Le autrici della ricerca, Lalli e Montegiove, hanno affermato quanto segue. “L’indagine ‘Mai dati’ ci dice che la valutazione del numero degli obiettori e dei non obiettori è troppo spesso molto lontana dalla realtà. Dobbiamo infatti sapere, tra i non obiettori, chi esegue realmente le Ivg: in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie, oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono”.
“La percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza, che secondo la Relazione è del 33%, deve, dunque, essere ulteriormente ridotta – asseriscono Lalli e Montegiove – perché non tutti i non obiettori eseguono Ivg. Non basta conoscere la percentuale media degli obiettori per regione per sapere se l’accesso all’Ivg è davvero garantito in una determinata struttura sanitaria. Perché ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro“.