Accuse alle psicologhe del carcere che avrebbero aiutato Alessia Pifferi a dare una versione dei fatti diversa sull’uccisione della piccola Diana.
Ci sono sviluppi sul caso di Alessia Pifferi, la donna che ha fatto morire di stenti sua figlia Diana di 18 mesi. Nelle scorse ore, infatti, davanti alla Corte d’Assise, il pubblico ministero, Francesco De Tommasi, nel processo a carico della 37enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato, ha messo in evidenza come la donna sarebbe stata aiutata dalle psicologhe del carcere di San Vittore a fornire una versione diversa rispetto a quella iniziale al fine di poter avere una linea difensiva più definita e chiara.
Alessia Pifferi: le accuse del pm alle psicologhe
La vicenda relativa ad Alessia Pifferi e all’uccisione della piccola Diana, sua figlia di 18 mesi, vede un altro step, a sorpresa, decisamente rilevante per il caso.
Secondo il pubblico ministero Francesco De Tomasi, titolare dell’inchiesta con Rosaria Stagnaro, la donna sarebbe stata aiutata dalle psicologhe del carcere San Vittore di Milano a fornire una “versione differente rispetto a quella che spontaneamente aveva fornito sin dall’inizio” e il suo non sarebbe stato “un percorso di assistenza alla detenuta” ma “di rivisitazione dei fatti contestati in un’ottica difensiva”.
In questa ottica, infatti, il pm ha presentato in tribunale una memoria in cui smonta l’esito dei colloqui
La consapevolezza dell’accusata
Nell’accusa del pm diversi colloqui della donna con le psicologhe. Secondo il pubblico ministero l’imputata sarebbe stata sottoposta ad un monitoraggio e adesso sarebbe consapevole del fatto che la derubricazione del fatto in abbandono di minore le consentirebbe di avere una pena minore.
Questa nuova situazione va in conflitto con i problemi cognitivi accertati nella relazione su di lei. Mentre una eventuale diagnosi di semi-infermità potrebbe farla finire in una Rems. “A Pifferi è stata fornita su un piatto d’argento una tesi difensiva alla vigilia del suo interrogatorio in Aula?”, la domanda del pm.
Il legale della Pifferi ha proposto di sentire le psicologhe in aula ma De Tommasi si è opposto sottolineando che le donne potrebbero essere indagate “in un’altra veste e con tutte le garanzie di legge”.