Le cavallette che hanno invaso la Sardegna: “Mangiano qualsiasi cosa, entrano anche in casa”. La rabbia degli agricoltori.
La Sardegna è letteralmente invasa dalle cavallette. Questi animali stanno devastando ogni pezzetto di terra. Nell’ambito del comune sardo di Noragugume, il caldo torrido, sembra addizionarsi tragicamente a questa incredibile piaga animale. Le cavallette sembrano fermarsi al tramonto, per poi ripartire all’attacco all’alba seguente, più assetate che mai.
Parliamo di una vera e propria invasione, che si è sviluppata a partire dalla metà di Marzo scorso, per il quarto anno consecutivo. L’epicentro della piaga, si configura in Noragugume, centro che a partire dal 2019 è puntualmente condizionato da questo tipo di invasione, che riversa e riflette poi a tutti i territori della Media valle del Tirso, amplificandone la portata, che ogni anno sembra diventare sempre maggiore.
Quest’anno infatti, la piaga è arrivata ad infestare anche i centri abitati.
Coldiretti di Nuoro e Ogliastra, stima che a rischio ci possono essere 50 mila ettari di terra, contro i 2 mila del 2019.
La disperazione degli agricoltori sardi
Il governo sta decidendo se dichiarare lo stato d’emergenza, mentre le voci degli agricoltori si levano sorde, in cumuli di rabbia infinita: “Abbiamo lavorato un anno intero per ottenere zero”.
La sindaca di Noragugume, Rita Zaru, rincara la dose: “Un danno che si somma a una generale situazione economica abbastanza critica, al caro mangime (da acquistare perché divorato dalle cavallette ndc) e a una situazione che si ripresenta ogni anno, diventando sempre più insostenibile”.
“Allevatori e agricoltori sono in ginocchio sia per il continuo ripresentarsi di un fenomeno che in poco tempo rade al suolo tutto il lavoro svolto in un anno, sia perché i ristori previsti non sono ancora stati erogati, a partire da quelli del 2019, prima annata dell’invasione, in cui è stato sottovalutato il problema.Manca l’ascolto e ci sentiamo figli di un dio minore, abbandonati da tutti, dalle istituzioni ma anche dal nostro popolo: le mani tese sono davvero pochissime”.