Aumentano rabbia e proteste a Beirut, dopo la violenta esplosione costata la vita a oltre 150 persone. I manifestanti hanno preso di mira le sedi governative e Hezbollah.
BEIRUT – La capitale del Libano, dopo la violentissima esplosione dello scorso 4 agosto (oltre 150 morti), vive giorni di altissima tensione.
Protesta e rabbia
La rabbia di una città devastata e di un intero Paese, scivolato da mesi nel baratro del collasso economico e politico, è scoppiata, con azioni senza precedenti da parte dei manifestanti anti-governativi.
Beirut, assaltato il Ministero degli Esteri
Nella giornata di sabato, nel cuore di Ashrafiye, uno dei quartieri di Beirut più colpiti dalla potente esplosione del 4 agosto, decine di attivisti guidati da un manipolo di veterani dell’esercito in pensione, hanno assaltato la sede del Ministero degli Esteri, considerato da tempo un feudo del partito del presidente della Repubblica Michel Aoun e di suo genero, l’ex ministro Gibran Bassil. Gli assalitori hanno sfondato la porta sopra le antiche scale di pietra e hanno strappato dal muro foto di Bassil e di Aoun, fracassandole a terra, pestandole, sputandoci sopra e pronunciando pesanti offese. Solo in serata, dopo l’intervento dell’esercito, i protestanti hanno abbandonato la sede.
Hezbollah nel mirino
In contemporanea, altri manifestanti hanno ‘impiccato’ un manichino del leader degli Hezbollah, Hasan Nasrallah, a un finto patibolo eretto a piazza dei Martiri. Egli è considerato dalla comunità sciita libanese e mediorientale un leader politico e religioso “intoccabile” soprattutto per il fatto che è un sayyid, un discendente del profeta Maometto. La scena del manichino di Nasrallah ‘impiccato’ a un finto patibolo in piazza dei Martiri ha suscitato l’attesa reazione di centinaia di suoi seguaci, che dal vicino quartiere di Zoqaq al Blatt hanno provato a scendere verso la piazza ma sono stati fermati da un cordone di militari sul Ring, la sopraelevata che si affaccia su piazza dei Martiri.