Ieri si è votato per le elezioni generali in Bosnia-Erzegovina in un clima dominato dal nazionalismo.
Le elezioni in Bosnia hanno deciso anche il rinnovo di tutti gli organi istituzionali. Secondo i risultati, non definitivi, mostrano in vantaggio il bosgnacco musulmano Denis Becirovic del Partito socialdemocratico (Sdp) con oltre il 54% dei voti, la serba Zeljka Cvijanovic dell’Unione dei socialdemocratici indipendenti Snsd con il 55%, e il croato Zeljko Komsic del Fronte Democratico, dato al 67%.
La presidenza collegiale bosniaca è composta da tre membri, ognuno in rappresentanza di uno dei tre popoli costitutivi della Bosnia-Erzegovina – bosgnacchi musulmani (sono il 50,1% dell’intera popolazione), serbi ortodossi (30,8%) e croati cattolici (15,4%). Per la presidenza della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba, è dato in vantaggio Milorad Dodik (Snsd), osservato della comunità internazionale per le sue crescenti e aperte aspirazioni secessioniste.
Nazionalismi e rischio di secessione
L’affluenza alle urne per tutto il Paese è stata molto bassa: del 50%, quattro punti in meno rispetto alle ultime elezioni del 2018. Nella Republika Srpska la partecipazione è stata del 53%, nella Federazione croato-musulmana del 48%.
Il complicato assetto politico istituzionale del paese sancito alla fine della guerra nel 1995 che ha creato la Federazione è in profonda crisi. Si teme un nuovo conflitto interno e per l’integrità politica del paese. Queste elezioni sono sentite come le più importanti per la tenuta del paese. La scena è dominata dai nazionalismi e dalle demarcazioni etniche e religiose fra i tre popoli della Bosnia. La riconciliazione tra i gruppi è a rischio e le incertezze fanno sì che gli elettori preferiscano candidati del proprio gruppo etnico. Questo non beneficia l’unità del paese. Le difficoltà economiche hanno peggiorato il quadro.