Brunetta contro lo smart working. Il ministro: “I dipendenti pubblici tornino in ufficio”. Poi arriva la smentita e la rettifica del Corriere della Sera.
ROMA – Il ministro Brunetta prima contro lo smart working e poi la smentita. Il titolare della Pubblica amministrazione, come riportato dall’AdnKronos, ha negato l’intervista sottolineando che si trattavano di parole “del giugno scorso“.
L’intervista
Il nuovo titolare della Pubblica Amministratore sembrava pronto a cambiare la linea del precedente governo: “Riaprire tutto: i Comuni devono funzionare, i tribunali devono funzionare, come funzionano gli ospedali – le parole l’esponente forzista, riportato dal Corriere della Sera – non vedo perché se un ospedale funziona, non possa funzionare una scuola, un Comune, un ufficio urbanistica, un tribunale. Smettiamola per favore, basta: si torni tutti a lavorare“.
“Io sono alla Camera a lavorare”
Il ministro era ritornato sulla decisione dello smart working: “Se funzionano la polizia, i vigili del fuoco e i carabinieri, non vedo perché gli altri devono stare in smart working. Smettiamola per favore, si torni tutti a lavorare. Io sono alla Camera, con me tutti i collaboratori. Votiamo in aula, distanziamento, sicurezza, sanificazione certamente, ma si è tornati a lavorare“.
Sindacati contrari
Una posizione non condivisa da parte dei sindacati della pubblica amministrazione. La nomina di Brunetta è stata definita dall’Usb come “una vera e propria dichiarazione di guerra alla Pa“.
Duro anche il commento della Cgil: “Scelta incomprensibile. E’ quanto di più antitetico ai concetti di coesione, innovazione, investimenti nella partecipazione per gestire la transizione digitale e organizzativa in modo democratico e partecipativo“.
Possibile scontro nella maggioranza
Anche su questo argomento potrebbe esserci uno scontro nella maggioranza. Non si esclude che nei prossimi giorni possa essere confermato l’invito è quello di ritornare tutti in ufficio, ma la posizione non è univoca nel Governo.
Il provvedimento del precedente esecutivo dovrebbe rimanere in vigore almeno fino alla scadenza fissata il 30 aprile. Il condizionale in questi casi è d’obbligo perché non si esclude un passo indietro da parte dello stesso ministro. Una esperienza governativa iniziata in salita e che rischia di finire anzitempo.