Una lente di ingrandimento sul premio più importante per la letteratura in Italia, un’analisi per capire quale sia il clima culturale oggi.
E’ un’analisi precisa e onesta quella realizzata da Gianluigi Simonetti nel suo nuovo saggio, “Caccia allo Strega”, pubblicato quest’anno per nottetempo. Tra l’autorevolezza storica del premio e controversie sui meccanismi di selezione dei vincitori, quello che preme al critico è indagare ciò che hanno in comune i libri vincitori delle ultime edizioni. Forse per scoprire che i libri che hanno perso sono i migliori.
Il Premio Strega tra autorevolezza e controversie
Il Premio Strega è il più importante riconoscimento letterario per gli scrittori italiani. Consegnato ogni anno dalla giuria al libro ritenuto più significativo tra quelli pubblicati tra il 1 marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso, ha avuto la sua prima edizione nel 1947, affermandosi poi negli anni per la sua autorevolezza.
Tuttavia, Simonetti non si limita a tesserne le lodi: bisogna tenere conto infatti delle controversie che hanno minato in qualche modo la credibilità del premio in alcune occasioni, nate ad esempio dalla considerazione che la giuria del premio, denominata “Amici della domenica” sia molto spesso di una sola tendenza politica, quella di sinistra.
L’analisi del critico letterario si sofferma però su un altro punto, ossia su come l’organizzazione del premio al giorno d’oggi sia alla ricerca di visibilità commerciale, e per questo risulti sempre più “sincronizzata alle esigenze dell’attuale società dello spettacolo”. Il premio Strega è in effetti lo strumento che più di tutti conferisce ancora oggi una grande reputazione ai libri vincitori, lanciandoli verso il successo di vendite.
Cosa ci dicono i libri vincitori?
Proprio sui libri finalisti e vincitori si concentra il cuore delle riflessioni di Simonetti, che ha un’idea interessante: osservare le opere premiate negli ultimi vent’anni, per scovarne i tratti comuni, trovare il filo rosso che le unisce ed arrivare quindi a capire qualcosa di più sull’ambiente culturale che ci circonda.
Da Scurati alla Mazzantini, fino all’ultimo vincitore Mario Desiati, la costante sembra questa: i libri premiati hanno una duplicità, quella di voler muoversi sul livello di una “presunta qualità artistica” da una parte, e, inesorabilmente, “l’intrattenimento, la leggibilità” dall’altra. Una riflessione che permette di comprendere cos’è per noi il bello da premiare, e cosa ricerchiamo nell’arte.