Caso Sea Watch, l’Associazione Nazionale Magistrati contro Matteo Salvini: “Quando un provvedimento non è gradito accusa i magistrati di fare politica”.
Il caso Sea Watch riaccende la discussione tra Matteo Salvini e l’Associazione Nazionale Magistrati. La decisione di non confermare il fermo per Carola Rackete non ha fatto piacere al leader della Lega che, con un messaggio condiviso sui social, si è chiesto cosa si debba fare in Italia per essere arrestati. Un messaggio che avrebbe delegittimato la decisione dei giudici davanti a migliaia di italiani.
Associazione Nazionale Magistrati contro Matteo Salvini: rischia di alimentare il clima di odio e avversione
Questa è almeno la visione dell’Anm che ha sottolineato come Salvini si sia lasciato andare ancora una volta a “commenti sprezzanti verso una decisione giudiziaria, disancorati da qualsiasi riferimento ai suoi contenuti tecnico-giuridici, che rischiano di alimentare un clima di odio e di avversione, come dimostrato dai numerosi post contenenti insulti e minacce nei confronti del Gip di Agrigento pubblicati nelle ultime ore“.
L’accusa dell’Anm
Poi la nota dell’Anm attacca direttamente Matteo Salvini citato con la carica istituzionale e accusato di non accettare sentenze a lui sgradite.
“Quando un provvedimento risulta sgradito al ministro dell’Interno scatta immediatamente l’accusa al magistrato di fare politica”.
“Appare poi estremamente grave la prospettazione di una riforma della giustizia finalizzata a selezionare i magistrati, in modo che assumano esclusivamente decisioni gradite alla maggioranza politica del momento”.
Matteo Salvini: Questa non è la giustizia che serve a un paese che vuole crescere
Nel mirino dell’Anm il Tweet condiviso da Matteo Salvini dopo la notizia della mancata conferma dell’arresto di Carola Rackete. Il ministro dell’Interno ha accusato senza mezzi termini la magistratura suggerendo una riforma della giustizia.
Di seguito il messaggio condiviso da Matteo Salvini sulla propria pagina Twitter
“Urge riformare la giustizia, selezionare e promuovere chi la amministra in Italia e cambiare i criteri di assunzione perché questa non è la giustizia che serve a un Paese che vuole crescere”.