Nardella con Ultima Generazione, Meloni con Landini e anche con Schlein: quando l’avversario politico diventa un prezioso alleato per lo storytelling
Essere “contro” qualcuno o qualcosa è un fenomeno tipico della politica italiana. Compattarsi contro una minaccia incombente (più o meno reale) aiuta a superare le divergenze interne e costa molta meno fatica che fare campagne “per”. In tempi di crisi ideologica, avere un nemico è una vera e propria manna.
Inoltre, anche lo storytelling più evoluto deve molto ai classici della narrativa, dalle tragedie greche alle più moderne favole. In tutte queste strutture di racconto, è di centrale importanza il contrasto tra eroe e antieroe, tra protagonista e antagonista, due figure speculari che si combattono, ma nel contempo si legittimano a vicenda, giustificando l’esistenza del proprio contraltare. La politica non fa certo eccezione ed è anche così che si spiega come da alcune acerrime rivalità ideologiche siano nati rapporti personali di stima, se non proprio di amicizia. L’inchino di Giorgio Almirante di fronte alla bara di Enrico Berlinguer, correva l’anno 1984, rimane tutt’oggi uno dei più fulgidi esempi.
Vernice su Palazzo Vecchio: Nardella contro Ultima Generazione
Venendo alle vicende delle ultime ore, c’è chi ha sospettato un accordo sottobanco tra Dario Nardella e Ultima Generazione, protagonisti di un insolito scontro in occasione dell’imbrattamento di Palazzo Vecchio. Ovviamente non ci sono riscontri e non si fa il processo alle intenzioni, ma è un dato di fatto che entrambi i soggetti ne abbiano guadagnato in visibilità: il sindaco di Firenze ha ottenuto le simpatie dei tanti italiani che non condividono le modalità con le quali Ultima Generazione manifesta le proprie idee, ma i giovani ambientalisti restano convinti che i gesti “disruptive” siano il modo migliore per far parlare dell’emergenza climatica. E infatti i social sono pieni di video e meme che, anche in maniera molto ironica, stanno facendo diventare l’episodio clamorosamente virale.
Dinamiche di questo tipo generano un esito win-win, nel quale entrambi i contendenti portano a casa almeno una parte di vittoria. Ciò è favorito dal fatto che la comunicazione in Rete si caratterizza per una forte polarizzazione, per cui si tende a prendere una parte o l’altra, senza mezze misure. Comprendere questo meccanismo, per chi fa comunicazione politica, è fondamentale: mentre cresce l’indifferenza di chi vota con sempre minore entusiasmo, gestire al meglio lo scontro con il proprio rivale fa sì che ognuno dei due mobiliti il proprio campo, circoscrivendo il territorio dei neutrali o indifferenti.
Il riscatto di Meloni nel confronto con Landini e Schlein
Altrettanto significativa, da questo punto di vista, è stata la presenza di Giorgia Meloni al congresso della Cgil. Dopo i disastri comunicativi di Cutro, la Presidente del Consiglio non avrebbe potuto chiedere di meglio che una platea intenta a contestarla cantando “Bella Ciao”, alla quale ha risposto con la fermezza di chi crede nelle proprie idee ed è determinata a metterle in pratica. Perfettamente a suo agio nei panni dell’underdog, Meloni è come le squadre di calcio italiane di qualche decennio fa, che amavano subire il gioco dell’avversario per agire in contropiede e, spesso, batterlo. Infatti ne è uscita vincitrice, ma sull’altro fronte ha vinto senza dubbio anche Maurizio Landini, non solo perché è stato rieletto per un ulteriore mandato, ma soprattutto perché è tornato al centro della scena politica dopo anni nei quali il carisma di Mario Draghi lo aveva un po’ messo in ombra, e, per la prima volta in 27 anni, ha ottenuto che il Presidente del Consiglio in carica presenziasse al congresso del principale sindacato italiano.
Paradossalmente, è proprio l’impossibilità di un’alleanza politica che favorisce la nascita di queste particolari alleanze comunicative. Laddove nessuno dei due può ragionevolmente pensare di erodere consenso al rivale, che “pesca” in altri bacini, è più facile che scatti questa dinamica vincente di riconoscimento reciproco. Per questo, va guardato con grande interesse anche lo sviluppo del rapporto tra la stessa Giorgia Meloni ed Elly Schlein, la cui elezione ha radicalmente cambiato il quadro del centrosinistra. Se la prima Presidente del Consiglio donna poteva a buona ragione godere della luna di miele che è giusto concedere a chi non ha (quasi) mai governato, dopo le prove non esaltanti di tanti “senior” della politica, oggi dall’altra parte del ring c’è un’altra figura femminile, persino più giovane di lei e certamente meno avvezza ai salotti del potere. Non è un caso che per la festa dell’8 marzo Meloni abbia citato l’ormai famosi “Non ci hanno viste arrivare” di Schlein (che a sua volta citava la femminista americana Lisa Levenstein, autrice dell’omonimo libro) e che tra le due vi sia un canale di comunicazione diretto e riservato, stando ai retroscena di Francesco Verderami su Il Corriere della Sera. Non c’è diavolo senza acqua santa, poi ognuno valuti a chi assegnare le parti in commedia.