Arriva la condanna per i medici colpevoli di aver causato la morte di Valeria Lembo, deceduta dopo aver ricevuto una dose di chemio eccessiva.
Valeria è una delle tante vittime del sistema sanitario in Italia, deceduta per aver rucevuto una dose di chemio 10 volte superiore a quanto stabilito dal sistema sanitario. La Corte dei Conti ha condannato i medici che l’avevano in cura a risarcire la sua famiglia, in quanto sarebbero la causa del suo decesso. È finalmente arrivata la conferma nel giudizio di appello le condanne a risarcire il danno erariale all’azienda sanitaria relativo alla morte di Valeria Lembo.
La vittima era una mamma di 34 anni. Morì al Policlinico di Palermo, a causa di una dose di chemio 10 volte superiore al normale. Ad oggi, la Corte dei Conti presieduta da Giuseppe Aloisio ha confermato ieri nel giudizio di appello le condanne. Valeria morì il 29 dicembre del 2011, il giorno dopo il suo compleanno.
Adesso gli interessati dovranno risarcire. La donna, di origini siciliane, è deceduta 11 anni fa all’età di soli 34 anni. La sua agonia è durata tre settimane, a causa della dose di chemio 10 volte superiore a quella consentita.
Adesso il Policlinico di Palermo si trova al centro di un processo penale. Secondo quanto stabilito dalla Corte dei Conti i medici implicati nella vicenda sono tenuti a risarcire un danno importante all’azienda sanitaria. Nella fattispecie, il primario Sergio Palmeri è tenuto a risarcire un danno che ammonta a 875 mila euro.
Invece, l’oncologa Laura Di Noto e quello che allora era specializzando, Alberto Bongiovanni, dovranno risarcire per un valore di 318 mila euro ciascuno. Invece le infermiere Elena Demma e Clotilde Guarnaccia sono state assolte.
La vicenda
La vicenda risale all’anno 2011, quando la 34enne, madre di un bimbo di sette mesi, venne presa in cura al Policlinico di Palermo per sottoporsi ad un trattamento di chemioterapia, dopo aver scoperto di avere un linfoma di Hodgkin.ù
Stando a quanto emerso in seguito all’attività investigativa, alla donna venne somministrato un farmaco chemioterapico – la Vimblastina – in dose 10 volte superiore a quella prevista dal sistema sanitario. Gli esperti che si sono occupati del caso hanno spiegato che, un dosaggio del genere, “avrebbe potuto uccidere un elefante”.