Il complotto simbolico organizzato contro il segretario della Lega per togliere il suo nome dal simbolo è rimandato.
A guidare il “colpo di stato” all’interno della Lega i soliti tre dissidenti dalla linea di Matteo Salvini: Massimiliano Fedriga, Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia e ovviamente Attilio Fontana. Con loro anche molti parlamentari e consiglieri regionali, la maggior parte in Lombardia ma anche nel Veneto di Zaia. Si tratta di un atto simbolico quello di cambiare il nome del partito da “Lega per Salvini premier” in “Lega” semplicemente. Togliere il nome del segretario è un atto potente che prima nessuno si era mai azzardato né a fare né a pensare.
Tutti hanno dichiarato di attendere il segnale ma alla fine c’è stato lo stop, come ha dichiarato un congiurato a Repubblica. Probabilmente di mezzo si è messa la ricandidatura del presidente della Regione Fontana. Ma un’altra motivazione potrebbe essere che qualcuno è convinto che questo partito non sia scalabile e quindi tanto vale la pena uscire. Un pensiero che stanno facendo in molti in queste ultime settimane.
Il problema resta all’interno del partito e Salvini deve affrontarlo
Ma c’è chi all’interno della Lega crede che questo malcontento sia normale derivato dal fallimento alle amministrative. C’è bisogno quindi, per Anelli capogruppo leghista in regione Lombardia, il contatto con la gente e con il territorio ma anche tra governatori e militanti. Ma il malcontento interno resta e soprattutto la volontà di secessione. Un altro problema che ha portato a frenare il tutto è stato che quasi la congiura veniva scoperta.
Salvini è corso ai riparti e ha creato un ufficio politico con presidenti di regioni e Giorgetti per guidare il partito fino alle elezioni. Una mossa strategica che l’ha salvato in calcio d’angolo e evita qualsiasi spinta secessionista. Ma il dissenso interno esiste e persiste e non si risolve così. “La malattia esiste e il leader non può più fare finta di nulla, ora dobbiamo fare pulizia delle mezze figure è finito il momento degli amici al bar, servono merito e competenza” dice un altro leghista a Repubblica.