Niccolò, il ragazzo di diciassette anni bloccato per due volte a Wuhan, parla della sua esperienza ‘indiretta’ con il Coronavirus: “La febbre mi faceva arrabbiare”.
Intervenuto ai microfoni de il Corriere della Sera, Niccolò, il ragazzo di diciassette anni rientrato da Wuhan dopo essere rimasto a terra per ben due volte, ha parlato della sua esperienza e della crisi sanitaria legata al Coronavirus.
Coronavirus, Niccolò al Corriere della Sera
Nella prima parte della sua intervista al Corriere della Sera Niccolò ha parlato della febbre che gli ha impedito per ben due volte di fare ritorno in Italia.
“La febbre, beh, mi faceva arrabbiare perché non avevo nessun sintomo, non sentivo nemmeno i brividi, sapevo di averla solo perché me la misuravano”.
Il giovane ha poi parlato del primo tentativo di rimpatrio, quello che sarebbe dovuto avvenire con un volo dell’aeronautica militare che in effetti ha portato in Italia oltre cinquanta persone, messe in quarantena alla Cecchignola. Lo stesso iter che avrebbe dovuto seguire Niccolò, se non fosse stato bloccato a Wuhan dalla febbre.
“La prima volta sono arrivato all’aeroporto di Wuhan il 3 febbraio, pensavo di tornare subito a casa, ma ai controlli mi hanno misurato la temperatura, era 37,7, mi hanno fermato alla dogana, hanno cominciato a farmi domande… sono scesi anche due medici italiani e hanno preso di nuovo la temperatura: 38,2. E… mi hanno detto che non era possibile prendermi a bordo, per vari protocolli. E niente, sono rimasto in aeroporto ad aspettare. Ma ero sempre in contatto con la dottoressa Sara e l’ambasciata”.
Il secondo tentativo di rimpatrio fallito
Niccolò è stato poi trasferito in una camera di albergo fino all’arrivo del secondo volo che avrebbe dovuto riportarlo in Italia, quello britannico.
“Sono uscito solo per tornare in aeroporto dove c’era un volo degli inglesi. Ma mi hanno preso ancora la temperatura ed era 37,4 e anche lì hanno deciso che non potevo salire. Fino all’altro giorno, quando è venuto l’aereo speciale organizzato dallo Stato italiano”.
“Ero a Wuhan per caso”
Ma perché Niccolò era a Wuhan? “Per caso. Ero in Cina da agosto, con un gruppo di cento studenti italiani del programma Intercultura. Io stavo in una famiglia cinese al Nord, nella provincia di Heilongjiang. Il 19 gennaio siamo andati nello Hubei, a visitare i nonni della coppia che mi ospitava. Un villaggio di campagna, 50 case. E quel giorno sono arrivate le notizie dell’epidemia. Sono rimasto chiuso lì, fino al 3 febbraio“.