Il Coronavirus diventa un malware. Ecco come difendersi

Il Coronavirus diventa un malware. Ecco come difendersi

Sull’onda dell’allarmismo, le informazioni (false) sul Coronavirus diventano anche un malware per computer e dispositivi. Ecco come difendersi.

Fra le categorie che sfruttano la notorietà del Coronavirus, si aggiungono anche i Cybercriminali. I principali centri di sicurezza informatica del mondo infatti segnalano che il termine Coronavirus appunto appare anche in numerosi malware. Lo scopo, come sempre, è quello di infettare i computer degli utenti per ottenere guadagni illeciti.

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Il Coronavirus e il malware: niente di nuovo sotto il sole

Il meccanismo messo in atto dai cybercriminali in questo caso è quello più classico e semplice. I malintenzionati fanno circolare una serie di comunicazioni all’interno delle quali si troverebbero informazioni essenziali per arginare il contagio.

Ovviamente è tutto falso, ma moltissimi, sull’onda dell’allarmismo, cadono nel tranello e aprono gli allegati, che si presentano come documenti o video di istruzioni su come proteggersi, installando nel proprio computer trojan e altri malware.

Come difendersi dai malware relativi al Coronavirus

Per nostra fortuna e diversamente da quello che avviene con l’epiemia, il Coronavirus come malware non ha nulla di nuovo rispetto alle migliaia che circolano ogni giorno, per cui un buon antivirus ben aggiornato è già una buona linea di difesa.

Come segnalano Kaspersky e L’agenzia del governo statunitense per la Cybersecurity e la sicurezza delle infrastrutture infatti si tratta di una rete criminale già nota, chiamata Emotet, che è solita basarsi sulle “vulnerabilità” del lettore per cercare di infiltrarsi in computer, smartphone e tablet.

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In realtà, come abbiamo visto, si tratta di attacchi che non presentano niente di nuovo dal punto di vista tecnico, quindi le raccomandazioni sono esattamente le stesse che valgono in generale. Riportiamo quelle più importanti:

Evitiamo i collegamenti sospetti, in particolare quelli che propongono informazioni “segrete”, “nascoste” o “riservate”: sono il principale veicolo di bufale e, soprattutto di malware.

Controlliamo sempre che gli allegati corrispondano a quello che dichiarano. Per esempio, una immagine o un video non devono avere estensioni come .exe o .lnk.

In generale, guardiamo con molto sospetto i messaggi inoltrati, in particolare se è evidente che sono stati girati molte volte.

Ancora più in generale, non fidiamoci dei messaggi che arrivano via mail, WhatsApp o altri strumenti da persone che non ci scrivono abitualmente. Quasi sempre si tratta di errori, o di invii automatici generati dal malware.

Non è la prima volta che un virus informatico “sfrutta” un virus reale

Nella storia dell’informatica non è la prima volta che i malware prendono in prestito nomi dalle epidemie reali. Ma se un tempo si trattava semplicemente di umorismo di pessimo gusto, oggi il tutto assume una dimensione diversa.

I malware infatti seguono sempre più da vicino i trend di Internet, e sono sempre più vicini all’attualità. La ragione è molto semplice: cavalcando questo tipo di sentimenti è molto più semplice vincere la diffidenza, ingannare le persone e di conseguenza, fare guadagni facili.

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