Siamo in economia di guerra. Cosa significa?

Siamo in economia di guerra. Cosa significa?

Il ministro Cingolani ha dichiarato che ci troviamo in economia di guerra. Ecco cosa significa esattamente.

Il ministro della Transizione ecologica al Festival Città Impresa ha parlato dell’economia di guerra. Questo significa che la guerra provoca un aumento del costo della vita, con aumenti di prezzi sull’energia e sui beni alimentari.

Siamo in un’economia di guerra” ha detto Roberto Cingolani annunciando quello che il premier Draghi settimane fa aveva dichiarato vicina. La war economy porta conseguenze sulla spesa di tutti i giorni dei cittadini ovvero l’aumento del costo della vita su spesa e bollette. Questo si evince dall’aumento di costi dei beni primari. Nell’ultimo mese di guerra, secondo i dati di Altroconsumo, il costo del gas è cinque volte più alto e sono aumentati anche farina 00 (+6,2%) e caffè  (+4%). L’olio di semi di girasole costa già il 43% in più rispetto a un anno fa, la pasta di grano duro è aumentata del 17%.

Anche il petrolio è aumentato. Oggi si trova a 100 dollari al barile mentre un anno fa era a 70 dollari al barile. Questo aumento del carburante influirà anche sul carburante per l’aereo portando ad una riduzione dei viaggi per l’aumento dei costi.

impianto petrolio

La possibilità di un Recovery per la war economy

Il risultato di questi aumenti è un finanziamento con il debito pubblico che porta alla crescita del tasso din inflazione. L’Ue stava valutando la possibilità di introdurre un Recovery plan sulla scia di quello istituito per il Covid19 per questa guerra. “Su un secondo Recovery la commissione sta discutendo perché si sta facendo avanti una questione europea”, ha precisato Cingolani. “In questa economia di guerra alcuni Paesi saranno molto più colpiti da queste scelte energetiche di altri” sottolineando la differenza di dipendenza di alcuni paesi rispetto ad altri dalla Russia.

A causa dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, la produzione di questi ultimi potrebbe subire una contrazione tale da ridurre la disponibilità nei negozi e nei supermercati. Un altra carenza di cui l’Europa e l’Italia si preoccupano maggiormente è la riduzione di gas in caso di embargo. Se l’Ue dovesse decidere di introdurre questa misura nelle nuove sanzioni e dire stop alle importazioni di gas russo, potrebbe scattare lo stato di emergenza.