La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi dei carabinieri colpevoli di aver pestato a morte Stefano Cucchi.
La vicenda che ha portato alla morte di Stefano Cucchi è uno dei casi che ha più sconvolto l’Italia, a livello mediatico, politico e sociale. Il problema della “police brutality”, ovvero della violenza eccessiva manifestata dalle forze dell’ordine, è un tema caldo anche in America, specialmente quando si parla di violenza su individui afroamericani come George Floyd. Ebbene, il caso Cucchi è diventato uno dei più importanti esempi di police brutality in Italia, e la giustizia non sarebbe mai arrivata se non fosse stato per la perseveranza della sorella di Stefano, Ilaria. Ebbene, la Corte di Cassazione ha ribadito la colpevolezza dei carabinieri che hanno pestato Stefano Cucchi.
Il pestaggio di Stefano Cucchi
La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi arrivati dai carabinieri autori del pestaggio di Stefano Cucchi, i quali sostenevano il “decorso anomalo” della morte del ragazzo, dichiarando “fuori discussione” la “questione della prevedibilità dell’evento” delle lesioni e successivamente del decesso.
Le parole della Cassazione
“La questione della prevedibilità dell’evento – ha dichiarato la Cassazione – è certamente fuori discussione, date le modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima, con colpi violenti al volto e in zona sacrale, ossia in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione”.
Il messaggio della sorella Ilaria
Dopo la conferma, avvenuta lo scorso 17 aprile, delle condanne a 12 anni di carcere per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i carabinieri che nell’ottobre del 2009 hanno ucciso Stefano Cucchi, e in seguito alle condanne del Tribunale di Roma per gli otto carabinieri che hanno depistato le indagini legate alla morte del geometra romano, Ilaria Cucchi ha finalmente potuto dire addio al suo amato fratello. “12 anni e sei mesi. È arrivato il momento di dirti addio. E qui e così sognavo di farlo. Ora posso lasciarti andare. Ti voglio bene fratello mio. Te ne vorrò per sempre”.