L’ex premier Mario Draghi parla della sua esperienza di governo e del suo attuale impegno a fare il nonno e i futuri programmi.
In un’intervista al Corriere della Sera l’ex premier Mario Draghi relativamente alla sua esperienza passata a Palazzo Chigi ha detto: “Se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessione che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati”. Quello di presidente del Consiglio è stato un mestiere nuovo per lui, e ammette che gli sarebbe piaciuto continuare a farlo. “Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito”.
In questo momento, l’ex capo della Bce e premier si gode i nipoti. “Faccio il nonno. E mi godo il diritto dei nonni di poter scegliere che cosa fare. Anche per questo ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero”. Così Draghi ha smentito le voci che circolano riguardo ad una sua futura presidenza del Consiglio europeo alla scadenza del mandato di Michel.
Ripercorre le tappe della caduta del suo governo
Riguardo alla caduta del suo governo, Draghi dice che il suo esecutivo si poggiava sul “consenso di una vasta coalizione che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza”. Di conseguenza non c’era “un mio partito o una mia base parlamentare” constata l’ex premier. La volontà dei partiti di stare insieme con un compromesso è venuta meno poco a poco soprattutto con l’avvicinarsi della fine della legislatura. “Con il passare dei mesi la maggioranza si era andata sfaldando e diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Cdm”.
Draghi ricorda che “il M5S era sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina” mentre i due partiti di destra al governo FI e Lega erano contrari ad alcune riforme. Il momento più complicato però è stato quello dei giorni tra la decisione di non votare il dl Aiuti da parte del M5S e il dibattito in Senato. “Le posizioni dei partiti erano ormai inconciliabili. Il centrodestra era disponibile ad andare avanti, purché i ministri 5s uscissero dal governo e fossero sostituiti da loro esponenti. Tuttavia, il Pd non era disponibile a far parte di quello che sarebbe diventato nei fatti un governo di centrodestra.”
L’ex premier non vuole giudicare il governo di Meloni “soprattutto dopo così poco tempo” però dice che “Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale”.