Per Meloni, è partita win-win. La fiamma tricolore non si cancella dal simbolo di Fratelli d’Italia, e le polemiche rimbalzano.
“La fiamma sicuramente sarà dove gli italiani barreranno il voto, visto che i simboli sono stati depositati a metà agosto e non si possono più cambiare”, spiega Gabriele Maestri, costituzionalista e esperto di diritto dei partiti, nell’ambito di un’intervista per l’Adnkronos.
“Il partito guidato da Giorgia Meloni, si presenterà così alle elezioni, poi toccherà al gruppo dirigente decidere cosa fare. Potrebbe scegliere di mantenere la fiamma, segno identitario per quell’area politica e magari votato anche da varie persone che non vi si riconoscono in pieno, oppure potrebbe archiviarlo una volta per tutte qualche mese dopo il voto, come a dimostrare la sua evoluzione. La prima sarebbe una scelta coerente, la seconda una scelta di maturazione: in ognuno dei due casi, Fdi potrebbe uscirne rafforzata”, questa la dichiarazione di Maestri, curatore di www.isimbolidelladiscordia.it, realtà web dedicata alla storia dei simboli della politica.
Gabriele Maestri
Maestri ricostruisce poi la storia della fiamma, a partire dalla nascita della Repubblica. Ricordando che la fiamma tricolore “apparve per la prima volta sulle schede su scala nazionale, il 18 aprile del 1948, per distinguere le liste del Movimento sociale italiano, dopo le prime partecipazioni alle elezioni amministrative”. Alla base del simbolo vi erano “varie suggestioni: la fiamma degli Arditi della Grande Guerra, che richiamava anche l’idea del sacrificio per un ordine superiore, poi il tricolore dell’Italia, allora poco diffuso tra i simboli politici, infine c’era la base trapezoidale con la sigla M.S.I”.