I georgiani chiedono le dimissioni del governo per aver fallito l’entrata nell’Unione europea.
La manifestazione di massa in Georgia e i partiti dell’opposizione chiedono che il partito Sogno georgiano deve “cedere il potere esecutivo e trasferirlo, in modo costituzionale, a un governo di accordo nazionale”, che “realizzerà le riforme richieste” da Bruxelles. A Tbilisi chiedono le dimissioni del governo per non aver ottenuto lo status di paese candidato all’adesione dell’Unione europea.
Per il momento il paese non è ancora pronto per Bruxelles per ricevere lo status di candidato ma dovrà aspettare e affrontare le priorità. Ma a questo status negato i manifestanti georgiani pro Euro e pro democrazia si sono radunati in migliaia davanti al Parlamento della capitale esponendo la bandiera della Georgia vicino alla bandiera dell’Unione europea. Cartelli con scritte We are Europe e l’inno alla Gioia, inno ufficiale dell’Ue a più riprese.
La Georgia sogna l’Europa
Questa manifestazione segue un’altra precedente e probabilmente saranno previste altre mobilitazioni. La protesta non è nei confronti dell’Ue ma nei confronti dei leader, specialmente nel presidente troppo vicino a Mosca e accusato di aver violato lo stato di diritto. “La porta è aperta. Ora tocca alla Georgia prendere i provvedimenti necessari per andare avanti” aveva detto la presidente della Commissione von der Leyen. Infatti, nel parere della Commissione UE sulla candidatura della Georgia c’erano da risolvere la polarizzazione politica e le riforme giudiziarie contro corruzione e criminalità oltre che l’indipendenza dei media.
La Georgia confina a nord con la Russia, e temendo un’invasione anche nel suo paese ha chiesto di aderire all’Ue pochi giorni dall’invasione in Ucraina. La candidatura della Georgia è da tempo presa di mira da Mosca che l’ha portata ad invaderla nel 2008 decretando due territori separatisti nel paese – come accaduto in Ucraina – Ossezia del Sud e Abkhazia. Qui sono dislocate truppe russe.
Circa l’80% della popolazione vorrebbe entrare nell’Unione europea, un sentimento che è aumentato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.