La libertà di critica in democrazia deve essere totale, dalla stampa alla politica e dalla politica alla stampa, purché ovviamente il potere non inibisca l’indipendenza dei media.
“La Repubblica” attacca la Premier sulle privatizzazioni, Giorgia Meloni, ospite da Porro a Rete4, contrattacca prendendosela con le scelte nel campo dell’auto fatte dall’editore del giornale, e la polemica più che sul merito come al solito in Italia finisce sul metodo. O meglio su un tema che sostanzialmente accompagna da subito questa legislatura, ovvero le condizioni di possibilità della democrazia.
Le opposizioni, politiche e culturali, al governo ritenuto di destra-centro, sostengono de iure e de facto che la cornice valoriale fondante della “Repubblica” venga messa in discussione ogni giorno e in sostanza a livello programmatico vedi il premierato, ma soprattutto nella presunta allergia verso il giornalismo libero e guardiano del potere, mutuando uno slogan celebre del mondo anglosassone. Facciamo allora un po’ di chiarezza. La democrazia da noi non è affatto in pericolo tanto è vero che ognuno ogni giorno dice quello che gli pare, compresi giornali e tv.
“La Repubblica” picchia sul governo tutti i giorni, ha messo anche anche decine di giornalisti a lavorare in modo specialistico su premier, famiglia, radici, rapporti presenti, passati e futuri, ogni cosa al setaccio per trovare illegalità o prove di fascismo conclamato. Liberissima di farlo, la linea editoriale la fa il Direttore, non da solo come vorrebbero i puristi, ma tenendo sempre conto almeno nelle cose fondamentali dell’editore, ovvero la proprietà, ovvero chi paga impresa e stipendi.
Sono stato 32 anni in Fininvest e Mediaset, ho avuto Silvio Berlusconi come editore diretto fino al 1994, poi un’azienda quotata in borsa con la famiglia di Arcore in posizione dominante. Sono stato libero , molto libero, ma con dei riferimenti realistici alla proprietà, mai invadente, ma neanche totalmente assente. Chi non ammette queste cose, vive nel paese dei balocchi. Allora per tornare al punto, Repubblica e il suo editore fanno quello che vogliono, ma poi non possono certo pensare di ricevere dal potere che criticano una carezza la sera sulla testa modello Papa Giovanni XXIII.
E poi anche qui, la Meloni è la prima che si arrabbia con chi la punzecchia in questo paese? Suvvia…. Per me democrazia è libertà di critica totale, senza certo che il Potere dei partiti e dei leader intimorisca chi non ritiene allineato. Del resto fra conferenza di inizio anno e Question time alla camera, non mi sembra che Giorgia Meloni si sia sottratta alle domande, anche giustamente scomode, dei colleghi, o alle critiche anche molto dure di Schlein e Conte.
Insomma, come direbbe Humphrey Bogarth, è la democrazia bellezza. Quando ci piace e anche quando ci piace meno.