Il Mezzogiorno dimenticato da Giorgia Meloni: partono le critiche per i tagli alla spesa e la gestione dei finanziamenti del governo.
Dalle finestre di Palazzo Chigi, il Sud sembra essere scomparso. Il governo di Giorgia Meloni è sotto accusa per aver abbandonato le politiche per il Mezzogiorno. Non solo per i tagli alla spesa, stimati in circa 20 miliardi di euro, ma anche per la gestione dei finanziamenti. E’ triste la situazione per il Mezzogiorno.
Meloni annuncia un cambio di priorità
La situazione per il Mezzogiorno è diventata preoccupante dopo oltre un anno dall’insediamento di Giorgia Meloni al governo. L’Agenzia per la coesione è stata smantellata, le Zone Economiche Speciali (Zes) sono state eliminate e centralizzate, e il fondo perequativo è stato tagliato.
Inoltre, manca il report sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e sono stati cancellati 7,6 miliardi di euro, con un taglio significativo su periferie e piani urbani. Si parla quindi, di tagli alla spesa stimati complessivamente di circa 20 miliardi.
La gestione dei fondi del Sud
Il 22 ottobre 2022, giorno del giuramento al Quirinale del governo, la neo presidente del Consiglio non sapeva a chi assegnare la delega per il Meridione. Inizialmente, la delega era stata assegnata all’ex governatore siciliano Nello Musumeci.
Tuttavia, dopo 22 giorni di incertezze, la delega è stata affidata al ministro Raffaele Fitto, che aveva già le deleghe agli Affari europei, al Pnrr e alle Politiche di coesione. Una scelta che, tuttavia, ha portato a critiche sulla capacità del ministro di gestire tutti i dossier a sua disposizione.
Ma non è tutto qui. Mentre in Parlamento procede l’autonomia differenziata, cara alla Lega e al ministro Roberto Calderoli, con l’ultima manovra di bilancio arriva il taglio quasi totale del Fondo perequativo infrastrutturale: 4,4 miliardi di euro promessi al Sud dal 2021 non arriveranno più.
L’unico investimento dedicato al Sud è il tanto amato progetto del Ponte sullo Stretto di Matteo Salvini: un piano che alla fin dei conti ha fatto solo infuriare la Sicilia e la Calabria, dopo la beffa del taglio di circa 2,3 miliardi di euro.