Freddezza e rabbia da parte di Giorgia Meloni durante e dopo il vertice informale tra i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell’Ue.
Era tanto atteso l’incontro informale a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell’Ue. Durante la cena, però, non tutti sono rimasti soddisfatti. Tra questi la Premier Giorgia Meloni che, stando al Corriere della Sera, avrebbe manifestato il proprio disappunto per alcune sensazioni sulle nomine per il ruolo alla presidenza della Commissione, del Consiglio europeo, del Parlamento e anche quello di Alto rappresentante per gli Affari esteri, che sarebbero “già state decise” senza tener troppo conto di lei.
Giorgia Meloni e il vertice Ue
Come sottolineato dal Corriere, lo sfogo e il disappunto della Premier Meloni si sarebbero registrati in modo particolare quando, alle agenzie, negoziatori come il premier polacco Donald Tusk avrebbero affermato che una “maggioranza sufficiente” esista anche senza di lei. Anche per questo la Presidente del Consiglio si sarebbe arrabbiata: “Il metodo è sbagliato, io non ci sto ad accettare un pacchetto di nomine preconfezionato, le soluzioni di cui si discute non sono state concertate con tutti. Ma soprattutto non ha senso parlare di nomi senza fare prima un’analisi seria e profonda del voto”.
I “no” della Premier
Sempre il Corriere ha tenuto a sottolineare cosa non vada a genio alla Meloni e, quindi, cosa non sia accettabile per l’Italia. Nel dettaglio, per esempio, il primo “no” della Premier riguarda le deleghe di politica estera. Il fatto che possano andare ai Baltici rischia di monopolizzare le attenzioni della Ue sul fronte orientale, ignorando il Mediterraneo e altri dossier.
La Premier avrebbe detto “no” anche a Viktor Orbán. L’ungherese vuole entrare nel suo gruppo, ma sono più gli svantaggi che i vantaggi e dunque le porte dell’Ecr, il partito dei Conservatori che la premier dirige, resteranno chiuse. Inoltre – spiega sempre il Corriere – lo schema della Premier sembra essere chiaro: guadagnare altri deputati rispetto a quelli eletti per arrivare ad almeno 84 presenze nel Parlamento Ue con l’obiettivo di superare i liberali.