Recovery plan, cosa si è deciso sulla governance. Saranno coinvolti i ministri competenti, ma sono quasi tutti tecnici. E questo piace poco ai partiti.
Il premier Mario Draghi ha sciolto il nodo legato alla governance del Recovery plan, uno dei temi che ha portato alla caduta di Giuseppe Conte. Draghi si affida al Ministero dell’Economia, che avrà il compito di supervisionare i progetti, e ovviamente ai ministri competenti, che seguiranno i dossier. Dal punto di vista del controllo politico si tratta di una struttura ridotta ma composta principalmente da tecnici. I ministri competenti infatti sono quasi tutti uomini esterni alla politica o tecnici d’area. E questo è un aspetto che ovviamente non convince i partiti politici che invece vogliono far parte della partita, così come le associazioni e le sigle sindacali.
La governance del Recovery plan
Nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza si legge che la supervisione politica del piano spetta ad un comitato istituito ovviamente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri al quale prendono parte i ministri competenti.
Avrà un ruolo centrale anche il Ministero dell’Economia, che si occuperà del coordinamento nella fase di attuazione del piano. Sempre il Ministero dell’Economia si occuperà di gestire i rapporti economici con l’Unione europea.
Il progetto di Draghi non piace particolarmente alle forze politiche in quanto quasi tutti i ministri competenti sono tecnici. Fedelissimi del Presidente del Consiglio. In questo modo la politica si troverebbe ai margini della scena in una fase cruciale della storia dell’Italia.
Le pressioni dei partiti
Mario Draghi deve fare i conti con le pressioni della politica. I partiti chiedono di essere coinvolti e vogliono essere protagonisti della nuova fase politica dell’Italia. È evidente infatti che, superata l’emergenza coronavirus, la politica italiana ruoterà attorno al Recovery plan.
Ma non è tutto. Anche le sigle sindacali e le associazioni hanno chiesto spazio nella partita del Recovery plan. Tutti sono consapevoli che il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta il futuro economico e sociale dell’Italia. Ci saranno settori che usciranno rafforzati da questo processo e altri che invece rischiano di trovarsi ai margini. E questo è evidentemente un rischio che non vuole correre nessuno.