Carlo Barbetta, responsabile del Tmb di Malagrotta andato a fuoco pochi giorni fa, ha parlato delle cause dell’incendio.
L’incendio del Tmb di Malagrotta ha causato scompiglio nella Capitale, con i fumi che si sono percepiti quasi in tutta Roma e l’aria irrespirabile per circa sei chilometri dal luogo del rogo. Carlo Barbetta, ex responsabile del Tmb andato distrutto, ha parlato di quelle che, secondo il suo punto di vista, sono le motivazioni del rogo.
Le parole di Barbetta
“Impianti a pezzi, lasciati in mano a incompetenti, e conseguente incendio. Danni gravissimi recuperabili non in uno ma in dieci anni. E serie responsabilità della parte pubblica, dello Stato”. Questo è il sommario di quanto accaduto a Malagrotta, secondo Carlo Barbetta. “Essendo tutta l’impiantistica di Malagrotta in regime di amministrazione giudiziaria, la gestione dell’impianto è della magistratura di Roma. L’avvocato Cerroni, mio ex datore di lavoro. se ne è lavato le mani e gli è andata bene, lui non ha colpe”.
Barbetta ha parlato del suo dolore per l’avvenimento tragico. “Intanto manifesto il mio malessere di fronte alla distruzione di un impianto altamente tecnologico, senza pari al mondo. Immagini devastanti, quelle viste sui giornali e in tv, per chi come me l’ha visto nascere, crescere e morire. Impianto che ho costruito, avviato, collaudato e gestito per oltre 10 anni”.
Il dolo è da escludere, per Barbetta. “Lo escluderei in quanto, in quel momento, alla presenza di tutti i lavoratori di turno e del gruppo di manutenzione, l’impianto era presidiato con tanto di squadra antincendio; aggiungo che gli operatori della sala controllo hanno visione di tutto l’impianto, con ben 76 telecamere in tutte le aree impiantistiche, e si sarebbero accorti in tempo reale di presenze estranee e/o sospette, oltre alle circa 90 telecamere fatte installare dal Commissario e presidiate h24 dalla vigilanza”.
L’ex direttore conclude con un affondo: se ci fosse stato lui, l’incendio non sarebbe avvenuto. O meglio, non sarebbe stato così grave. “Assolutamente no, in virtù di un fatto molto semplice: avevo formato un gruppo serio e responsabile, consapevole che se va a fuoco l’impianto che è il tuo luogo di lavoro, si va tutti a casa. Valori persi dopo il commissariamento. Da quel momento si è iniziato a parlare solo di profitto”.