Il premier di Kosovo, Albin Kurti, ha dichiarato che ci saranno “nuove elezioni solo se si fermano le proteste”.
Non si placa ancora la tensione in Kosovo, dove i serbi sono tornati a radunarsi davanti ai municipi di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok. I protestanti chiedono l’allontanamento dei sindaci di etnia albanese eletti il 23 aprile scorso, e il ritiro della polizia kosovara dal nord a maggioranza serba. La comunità internazionale chiede nuove elezioni, che non ci saranno se non cesseranno le proteste.
Gli scontri in Kosovo
La situazione di caos nel Paese ha avuto origine a partire dai primi scontri tra manifestanti serbi e truppe Kfor del 29 maggio scorso, che hanno provocato una forte crisi diplomatica e civile dentro e fuori i confini del Kosovo.
Sono rimasti feriti 30 militari Nato (11 italiani e 19 ungheresiù) e circa 50 serbi. Sugli slogan dei cartelli dei manifestanti si legge: Noi non siamo criminali, vogliamo solo la libertà’, ‘Non ci caccerete dalle nostre case’, ‘Vogliamo la pace, non lacrimogeni e bombe’.
Kurti: “Nuove elezioni se si fermano proteste”
Intanto da Pristina, il premier kosovaro Albin Kurti ha dichiarato che avvierà nuove elezioni solo se cesseranno le “violente proteste davanti ai municipi”, purché venga attuato l’accordo concluso di recente in sede negoziale a Bruxelles.
Intanto si fa sapere che gli inviati speciali per i Balcani occidentali di Ue e Usa, Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar, saranno in missione a Belgrado e Pristina il 5 e 6 giugno prossimi. L’obiettivo principale sarà quello di placare le nuove tensioni interetniche tornate a preoccupare l’area dell’ex-Jugoslavia.
Per il premier kosovaro, l’intervento della polizia e delle truppe Kfor è stato necessario per la difesa delle istituzioni democratiche. Ma il segretario di Stato Antony Blinken sostiene che la decisione di Pristina di usare la forza per l’insediamento dei sindaci, ha fatto aumentare “nettamente e in modo non necessario le tensioni”.
“Gli Stati Uniti sono un nostro alleato indispensabile, amico e partner. Noi siamo eternamente grati per la nostra liberazione e indipendenza, per il nostro sviluppo e democrazia. Ma ora è arrivato il momento di far sentire la verità democratica all’autoritarismo al potere”, ha detto poi Kurti in un’intervista al Washington Post.