Nel 1987 un gruppo di criminali, noto come “La Banda della Uno Bianca”, mise a segno numerosi colpi. Alcuni dei malviventi erano poliziotti.
La Banda della Uno Bianca nacque in Emilia-Romagna, verso il 1987. Era nota per gli efferati crimini commessi, e prese il nome dall’omonima macchina che erano soliti utilizzare per compiere i misfatti. La Banda della Uno Bianca era un’organizzazione criminale che operava in Italia, specialmente il Emilia-Romagna.
Tra il 1987 e il 1994 la banda commise un totale di 103 reati. Si trattava per la maggior parte di rapine a mano armata, che nel complesso hanno provocato la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102. Il nome della banda deriva dall’automobile che il gruppo di criminali utilizzava: una Fiat Uno bianca rubata, diffusissima in Italia in quel periodo.
Chi erano i membri della banda?
La banda era composta da Roberto Savi, detto il Monaco, di professione capo pattuglia. Fabio Savi, che successivamente collaborò con la polizia per far arrestare la banda. Alberto Savi e Pietro Gugliotta, due poliziotti. Marino Occhipinti, membro minore della banda. Infine Luca Vallicelli, il meno implicato nelle azioni criminali.
Il capo della Banda della Uno Bianca era proprio Roberto Savi, il capo della Questura di Bologna. I primi reati della banda risalgono al 1987: il gruppo rapinò un casello situato sull’autostrada di Pesaro. Ma la banda ben presto decise di attuare colpi più importanti, in quanto le rapine ai caselli non fruttavano granché. Passarono alle estorsioni, stavolta la vittima era un venditore d’auto di Rimini, che aveva però avvertito la polizia.
A quel punto nacque un conflitto a fuoco tra la banda e le forze dell’ordine, in cui perse la vita il sovraintendente Antonio Mosca: si trattò della prima vittima morta a causa della banda. Gli attentati più gravi avvennero nel 1990, durante una rapina ad un ufficio postale di Bologna. La banda fece esplodere due ordigni causando la morte di una persona e 45 feriti.
L’implicazione dei servizi segreti italiani
La banda venne sgominata grazie a due poliziotti della Questura di Rimini, Luciano Baglioni e Pietro Costanza. Molte le ipotesi avanzate sul motivo che aveva spinto dei poliziotti a compiere gesti del genere. Secondo alcune ipotesi, dietro la banda c’era la mano de servizi segreti italiani. Fabio Savi, uno dei membri della banda, smentì la supposizione durante un’intervista: “Dietro la Uno bianca c’è solo la targa, le luci e il paraurti. È abbastanza. Non c’è nient’altro.”