La storia del neonato abbandonato: qualcosa non torna

La storia del neonato abbandonato: qualcosa non torna

I cinque punti da analizzare sulla storia del piccolo Enea, il neonato lasciato nella “Culla per la Vita” a Milano.

Durante il giorno di Pasqua, un neonato di nome Enea – insieme ad una lettera scritta dalla madre – è stato lasciato nella Culla per la Vita, alla Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano. Posta all’ingresso della struttura, questa permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono tenere con sé.

Piedini neonato

Dal 2007, la Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano ha inaugurato la Culla per la Vita, garantendo l’assoluto anonimato per i genitori che decidono di lasciare al suo interno loro figlio e le cure immediate da parte dei sanitari. Analizzando la storia del piccolo Enea però, affiorano alcuni punti da tenere in considerazione.

I 5 punti da analizzare

Ogni anno, sono circa 3.000 i neonati abbandonati per strada in Italia, mentre solo 400 in ospedali. La Culla per la Vita di Milano, registra solo 3 neonati accolti in struttura (in maniera anonima): un numero del tutto sproporzionato se messo a confronto con i 3.000 totali. Per quale motivo?

A causa dell’anonimato garantito dalla clinica, non è possibile risalire all’identità dei genitori, per cui sarebbe necessario fare un appello alla madre del neonato perché vada a riprendere il figlio. In secondo luogo, va considerato che un gesto così estremo rappresenta un disagio che la società non è riuscita ad intercettare (e magari prevenire): in questo scenario, sarebbe fondamentale poter contattare la famiglia biologica del bambino per assicurare le condizioni migliori in cui questo si trova dopo l’abbandono.

Nel caso di Enea, l’identificazione potrebbe avvenire attraverso l’interpretazione del linguaggio della donna nella lettera, per stabilire di chi possa essersi trattato. Consideriamo anche il fatto che a fare questi appelli, sono uomini che con atteggiamento paternalistico spiegano alle donne cosa sia meglio fare o non fare, come il direttore Mangiagalli, Fabio Mosca, o anche Ezio Greggio.

In ultimo luogo, si fa presto a pretendere che il bambino debba stare con la madre naturale anziché con una famiglia adottiva. Proprio nella sua dichiarazione, Ezio Greggio ha detto: “Prendi il tuo bambino che merita una mamma vera, non una mamma che poi dovrà occuparsene ma non è la mamma vera”.