La Turchia lascia la Convenzione contro la violenza sulle donne

La Turchia lascia la Convenzione contro la violenza sulle donne

La Convenzione contro la violenza sulle donne vede l’uscita dalla Turchia. Il Paese era stato il primo a ratificarla nel 2012.

ANKARA – La Turchia esce dalla Convenzione contro la violenza sulle donne. La decisione è stata determinata da un decreto firmato dal presidente Erdogan.

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La decisione della Turchia

Il trattato che ha istituito l’accordo internazionale era stato firmato proprio a Istanbul. Ora la Turchia ha deciso di uscirne. Lo ha stabilito un decreto presidenziale firmato oggi e che ha suscitato le critiche dei principali partiti dell’opposizione. Secondo i conservatori il provvedimento minerebbe l’unità familiare, incoraggiando il divorzio e dando spazio alla comunità Lgbt per essere maggiormente accettata nella società.

Violenza donna

La Convenzione contro la violenza sulle donne

Il trattato era stato appunto firmato l’11 maggio 2011 a Istanbul. L’efficacia si ebbe dal 2014. La prima ratifica fu fatta proprio da Ankara. La Convenzione obbliga i governi ad adottare una legislazione che contrasto la violenza domestica e gli abusi simili, come la violenza coniugale e le mutilazioni genitali femminili.

La Convenzione di Istanbul è “il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza“, ed è incentrata sulla prevenzione della violenza domestica, proteggere le vittime e perseguire i trasgressori.

Inoltre, il trattato stabilisce una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne. Gli Stati dovrebbero includere questi nei loro codici penali o in altre forme di legislazione o dovrebbero essere inseriti qualora non già esistenti nei loro ordinamenti giuridici. I reati previsti dalla Convenzione sono: la violenza psicologica (art. 33); gli atti persecutori – stalking (art. 34); la violenza fisica (art. 35), la violenza sessuale, compreso lo stupro (art. 36); il matrimonio forzato (art. 37); le mutilazioni genitali femminili (art. 38), l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata (art. 39); le molestie sessuali (art. 40).