Gianni Alemanno e Fabio Falbo scrivono al ministro Nordio: sovraffollamento, suicidi, affettività negata e diritti ignorati nelle carceri italiane.
Nonostante l’ultima donazione di Papa Francesco per i detenuti, le carceri in Italia continuano a vivere una crisi profonda: lo denunciano Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, e Fabio Falbo, detenuto laureato in giurisprudenza. I due reclusi nel carcere di Rebibbia, attraverso una lettera inviata al ministro della Giustizia Carlo Nordio, descrivono una realtà fatta di sovraffollamento, mancanza di diritti e inosservanza delle sentenze costituzionali.

La lettera di Alemanno e Fabio Falbo al ministro Nordio
Gianni Alemanno e Fabio Falbo, come riportato da Sky News, aprono la loro missiva sottolineando come la situazione carceraria “appare insostenibile e contraria ai dettati costituzionali“. I temi toccati spaziano dal sovraffollamento alla tragedia delle morti e dei suicidi, dall’assistenza sanitaria inadeguata alla presenza in carcere di ultrasettantenni. Passando per il tema dell’affettività negata, delle difficoltà legate al lavoro esterno e alla mancata progressività trattamentale.
Particolare attenzione viene posta sulla detenzione domiciliare per gli anziani: nonostante la sentenza della Corte costituzionale n. 56/2021 abbia stabilito che i condannati con più di settant’anni possano accedervi, “qui a Rebibbia sono diversi gli ultraottantenni, anche non recidivi, che continuano a vedersi rigettare le loro richieste“.
Inoltre, evidenziano anche l’inefficacia delle norme sui permessi premio, citando la sentenza della Corte costituzionale n. 253/1919, che secondo loro viene regolarmente ignorata. Per superare queste rigidità, propongono l’introduzione di una norma esplicita e la creazione di un “permesso trattamentale” che superi i limiti attuali e sia accessibile anche a chi ha pene brevi.
Affettività, custodia cautelare e misure alternative dimenticate
La lettera solleva anche la questione dell’affettività, affermando che “è urgente che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ripristini un numero adeguato di colloqui telefonici” e promuova la creazione di spazi dedicati all’interno degli istituti penitenziari. Altro nodo critico è quello della carcerazione preventiva, che secondo gli autori della lettera è abusata.
Infine, si evidenzia come anche la detenzione domiciliare prevista dalla legge 199/2010 sia scarsamente applicata. Nonostante la spesa pubblica sostenuta per l’acquisto dei “braccialetti elettronici“, che “rimangono in larga parte inutilizzati“.
La conclusione della missiva richiama le parole di Papa Francesco e invita a non interpretare il riconoscimento delle condizioni dei detenuti come un atto di debolezza. “Significa solo compiere una necessaria conciliazione tra questo principio e quello della finalità rieducativa della pena previsto dall’art. 27 della nostra Costituzione“, conclude.