Marco Bianchi scrive una lunghissima lettera dal carcere, rivolta ai giornalisti, a sua madre, ed alla madre di Willy Monteiro.
Marco Bianchi, accusato insieme al fratello dell’omicidio di Willy Monteiro, ha scritto all’Adnkronos una lunghissima lettera dal carcere di Viterbo, dove attualmente si trova recluso. Il pubblico ministero ha chiesto per i due giovani l’ergastolo, mentre per quanto riguarda gli altri due accusati dell’omicidio, saranno previsti 24 anni di carcere. La sentenza si terrà il 4 luglio in Corte d’Assise a Frosinone. Marco Bianchi, prima della sentenza, approfitta per scrivere una lettera a sua madre e ai giornalisti per ribadire la sua innocenza.
La lettera rivolta ai giornalisti
“Io e Gabriele siamo ragazzi di cuore, sinceri. Tutte quelle cattiverie che hanno detto contro di noi non sono vere, sono state solo bugie su bugie per farci toccare il fondo. Siamo stati descritti sin dall’inizio, senza conoscere gli atti del processo, come mostri e assassini. Dai giornali e dai social è stata usata una nostra foto per dimostrare che eravamo due ragazzi che pensavano solo a fare la bella vita. Ho avuto la forza di guardarmi allo specchio, di essere fiero di quello che sono e di combattere per la mia innocenza. Io e mio fratello non ci siamo mai nascosti su nulla, non abbiamo mai chiesto aiuto, non siamo mai stati protetti, sempre soli e divisi. Abbiamo sempre affrontato tutti i problemi per far capire la realtà delle cose, perché noi siamo così: disponibili, educati e rispettosi, sempre pronti ad aiutare i più deboli”.
“I problemi li abbiamo avuti a causa dei giornalisti che hanno perso il controllo, raccontando falsità su falsità. Come quella bellissima donna di Barbara D’Urso, che è madre di un figlio e non si rende conto prima di fare le puntate su di noi. Dentro sa benissimo il danno che può creare dicendo bugie sul nostro nome. Lei dormiva serena, io no, sapendo la guerra che avrei affrontato l’indomani in carcere per le bugie raccontate. Posso capire che è il vostro. Ma almeno siate umani e umili nel dire la verità, perché tutti siamo figli, tutti siamo genitori e disgrazie come questa possono accadere a chiunque. Solo che qui, oltre alla disgrazia, c’é anche la beffa che il colpevole non si è preso le proprie responsabilità. Ancora con il sangue sulle scarpe, se ne sta tranquillo in casa sua”.
“Sia io che Gabriele continueremo sempre, da uomini veri, a dire che non c’entriamo nulla con questo crimine. Non siamo degli psicopatici che negano davanti all’evidenza e prima o poi la verità uscirà fuori. C’è una grande differenza tra farsi la galera da colpevoli e farsela da innocenti. E quando tutto questo finirà, se ci sarà la possibilità di incontrarmi un giorno, rimarrete a bocca aperta e stupiti, capendo che non siamo le brutte persone descritte dai media: quel ragazzo non è morto per mano nostra. L’ho messo in chiaro in aula, davanti al giudice, guardando in faccia la povera madre di Willy”.
Poi Marco Bianchi nella sua lettera si rivolge alla mamma di Willy. “Signora mia, se fossimo noi i veri responsabili di tutto questo, le avrei dato subito la soddisfazione che stavamo pagando la giusta pena. Parlo per me, ma anche per mio fratello che è in carcere senza aver toccato Willy con un dito. Io la verità l’ho detta subito, a suo figlio ha dato una spinta e un calcio per allontanarlo dal mio amico Omar, ma l’ho colpito al fianco, vero è che non ha nemmeno fatto in tempo a cadere che si è subito rialzato.
E continua: “Non mi sarei mai permesso di infierire con le responsabilità che derivano dallo sport che sia io che mio fratello praticavamo. A noi la Mma ha insegnato ad essere uomini, ad avere il controllo di noi stessi e ad essere sempre lucidi nelle azioni che commettiamo. Lo sport non ci ha insegnato certo ad essere assassini, al contrario ad essere responsabili, ad avere il pieno controllo della nostra forza”.