Maria Rosaria Boccia, il post dello scandalo “contro” Giorgia Meloni

Maria Rosaria Boccia, il post dello scandalo “contro” Giorgia Meloni

Un lapsus della Premier Giorgia Meloni non è passato inosservato a Maria Rosaria Boccia che ha colto l’occasione per pungere e dire la sua.

Si torna a parlare di Maria Rosaria Boccia e questa volta non per vicende legate all’ormai famoso caso Sangiuliano. La “dama di Pompei” ha commentato il recente lapsus della Premier Giorgia Meloni legato alla “disoccupazione femminile” dicendo la sua sui social e condividendo un post che ha generato vero e proprio scandalo.

Giorgia Meloni

Maria Rosaria Boccia e il lapsus di Giorgia Meloni

In tanti hanno commentato il lapsus della Premier Meloni durante l’intervento in video-collegamento alla chiusura della campagna elettorale in Emilia-Romagna. La Presidente del Consiglio è inciampata in un errore affermando: “Con il mio governo il tasso di disoccupazione femminile è il più alto di sempre“. Una frase che è arrivata durante la rivendicazione della scelta di farsi chiamare “il presidente”, al maschile e non al femminile.

In questo senso, anche Maria Rosara Boccia ha voluto dire la sua pubblicando un post su Instagram che riportava appunto il video dell’errore della Premier con fare scandalizzato per le parole dette.

“C’è una certa retorica che attraversa chi, oggi,si trova ai vertici del potere e che sminuisce il femminismo”, ha esordito la Boccia. “Lo definisce superato, perfino dannoso, quasi un capriccio con cui mettersi in mostra sui social. Il lapsus di Giorgia Meloni sulla disoccupazione è niente in confronto a questo aspetto che tradisce l’incapacità di riconoscere quanto la propria ascesa politica sia stata possibile anche grazie al linguaggio”.

L’importanza del linguaggio

La Boccia ha tenuto a continuare il suo discorso facendo riferimento all’importanza del linguaggio: “Ho riflettuto a lungo su questo, anni fa mi laureai su questi temi. Ho studiato, cambiato idea, ma soprattutto ho cercato di rispettare senza deridere le idee altrui. Perché sì, anche il modo in cui ci si rivolge a una donna in una posizione di potere è una cosa concreta, un atto di giustizia linguistica. Dire la Presidente non è solo una questione di correttezza grammaticale, ma di riconoscimento simbolico e sociale. E diventa importante soprattutto se sento questi discorsi”.

E ancora: “È il modo in cui si afferma che, sì, una donna può occupare quel ruolo e non deve farlo sotto un titolo declinato al maschile. Il linguaggio non è mai neutrale […]”.

La donna ha fatto ancora leva sulle battaglia delle donne e le conquiste ottenute negli anni e ha poi concluso: “[…] Chiamare una donna la Presidente significa dire a tutte le bambine che quella posizione è raggiungibile anche per loro, senza doversi adattare a modelli maschili per legittimarsi.
Il cambiamento culturale è alla base di ogni trasformazione concreta. Non si tratta di scegliere tra battaglie simboliche e battaglie materiali,ma di comprendere che le prime sostengono e rendono possibili le seconde. La retorica anti-femminista è pericolosa perché cerca di dividere,contrapporre, ridicolizzare. Il femminismo ha liberato tutti. Negarlo è pericoloso: è come tagliare il ramo su cui si è seduti.Ogni conquista non è garantita per sempre: difendiamola”.