Le ustioni del calciatore tunisino che si era dato fuoco davanti alla stazione di polizia non gli hanno lasciato scampo.
Il calciatore tunisino Nizar Aissaoui, 35 anni, è morto ieri sera dopo essersi dato fuoco davanti alla stazione di polizia di Haffouz, nel governatorato di Kairouane, lunedì sera. Aissaoui era stato ricoverato al Centro grandi ustionati di Ben Arous ma le lesioni erano troppo gravi. Il suo era stato un gesto dimostrativo che aveva documentato in un video postato su Facebook.
Prima di darsi fuoco, il calciatore aveva postato sul social un video in cui spiegava di “essere stato ingiustamente accusato in un caso di terrorismo” dopo essersi recato in questura per sporgere denuncia contro un commerciante di banane, con il quale aveva avuto una lite. La sua tragica morte ha creato il caos a Haffouz tanto che la polizia ha dovuto usare gas lacrimogeni per disperdere alcune decine di manifestanti.
L’atto tragico è sintomo di un disagio crescente nel Paese
Il dramma del calciatore tunisino si è consumato in una città ad un’ora da Tunisi e mostra la crisi e la frustrazione di una generazione che si trova a scontrarsi continuamente con le forze di polizia per l’abuso di potere costante che c’è nel paese tra povertà e immigrazione incontrollata. Il presidente Saied ha instaurato un regime autoritario minando sempre di più lo stato di diritto.
A parte un periodo di sei mesi in Arabia Saudita con l’Al-Orobah FC nel 2015, il calciatore che si è dato fuoco ha trascorso tutta la sua carriera giocando in Tunisia, nel suo paese. L’ultimo post scritto dal calciatore tunisino prima di darsi fuoco è per protestare contro le calunnie nei suoi confronti. Ma Nizar accenna anche a quello che chiama lo “stato di polizia”.