Mostro di Firenze, si riapre il giallo: Dna “sconosciuto” su un proiettile

Mostro di Firenze, si riapre il giallo: Dna “sconosciuto” su un proiettile

Clamorosa possibile svolta sul caso del Mostro di Firenze: il Dna “sconosciuto” su un proiettile sembra poter cambiare tutto.

Potrebbe riaprirsi la caccia al Mostro di Firenze. Il colpo di scena è arrivato dal ritrovamente del Dna sconosciuto su uno dei proiettili usati nell’omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime attribuite appunto al killer. Si tratterebbe di un Dna che sarebbe stato ritrovato anche sui proiettili di altri due delitti.

Mostro di Firenze, il Dna “sconosciuto” riapre la caccia

il Mostro di Firenze commise sette duplici omicidi dopo quello di Antonino Lo Bianco e Barbara Locci a lui attribuito. Tutti avvennero dal 1974 al 1985. L’arma con cui si compirono i delitti non fu mai ritrovata a differenza di un proiettile che diventò parte delle prove nei confronti di Pietro Pacciani, da sempre ritenuto il mostro e morto in attesa del processo d’appello dopo l’annullamento della sua assoluzione da parte della Cassazione. Insieme a lui, anche Mario Vanni e Giancarlo Lotti vennero condannati all’ergastolo e a 26 anni di reclusione.

Adesso, però, la possibile svolta clamorosa relativa al Dna di uno sconosciuto che potrebbe riaprire l’inchiesta che è durata oltre vent’anni. Tale traccia è stata rinvenuta, come detto, su un proiettile conficcato nel cuscino della tenda di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, presumibilmente le due ultime vittime del mostro, uccise a Scopeti, e ricorre in modo parziale anche sui proiettili di altri due duplici omicidi.

Parla l’esperto

Il proiettile è stato denominato V3 ed è stato esaminato nel 2018 da una équipe guidata dal genetista Ugo Ricci. La squadra di medici ha individuato un profilo ricorrente, mescolato a un secondo profilo sconosciuto. Sul tema ha parlato a Repubblica l’esperto ematologo Lorenzo Iovino che ha analizzato le sequenze del Dna. “Il secondo Dna sul reperto V3 non solo non è compatibile con quello delle vittime e del secondo perito balistico che aveva maneggiato il reperto, ma neanche con quello di alcuni indagati, o delle tracce di Dna di altri sconosciuti isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda”, ha detto.

“Il Dna dell’assassino potrebbe essere rimasto impresso mentre incamerava i proiettili. Alcuni delitti (come il primo del 1968) non sono stati coperti da giudicato, e le sentenze stesse hanno ipotizzato una pluralità di attori. Per questo sarebbe fondamentale utilizzare a pieno i risultati delle consulenze genetiche già svolte”.

Iovino ha sottolineato come è possibile che con le nuove analisi sul Dna si possa anche non trovare nulla ma “nei casi non risolti bisogna tentare tutto il tentabile. Confrontandomi con esperti del settore medico-legale, confermo che la ripetizione dell’autopsia è altamente auspicabile”, il commento di Iovino a Repubblica.

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