Napoli, ‘blitz’ degli agenti nella camera di albergo di Emilio Fede

Napoli, ‘blitz’ degli agenti nella camera di albergo di Emilio Fede

Due agenti si sono recati alle quattro del mattino nella camera di albergo di Emilio Fede, che si trovava a Napoli per i funerali della moglie.

Nuova disavventura per Emilio Fede, che si era recato a Napoli per i funerali della moglie Diana de Feo: il giornalista ha dovuto fare i conti con un ‘blitz’ di due agenti della questura di Napoli che si sono presentati nella sua camera d’albergo per controllare i documenti e i permessi. Ricordiamo infatti che Emilio Fede è agli arresti domiciliari, quindi il suo trasferimento a Napoli doveva essere regolarmente validato dal Tribunale di Sorveglianza di Milano.

Il ‘blitz’ degli agenti nella camera d’albergo di Emilio Fede, a Napoli per i funerali della moglie

La notizia è stata pubblicata da Il Roma e ripresa da Il Riformista. Alle quattro del mattino, due agenti della questura di Napoli si sono presentati davanti alla camera d’albergo nella quale si trovava Emilio Fede, che si era recato a Napoli per i funerali della moglie Diana de Feo, morta all’età di ottantaquattro anni. Gli agenti sono intervenuti per controllare che il trasferimento di Fede a Napoli fosse stato effettivamente autorizzato dal Tribunale di Sorveglianza di Milano.

Emilio Fede

Fede, “Ma in che paese siamo? Non ho parole”

È tutto vero. Non ho parole. Ma in che Paese siamo? Ero arrivato in auto mercoledì notte da Milano, dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni del caso per la mia posizione detentiva, per salutare e dare l’addio all’unico grande amore della mia vita, la mia Diana. Avevo poi preso parte ai funerali nella chiesa del Vomero e dopo un cena veloce con mia figlia ero rientrato in albergo, accompagnato dalla mia assistente, che mi aiuta in ogni momento della giornata, non essendo io più autonomo nei movimenti“, racconta Emilio Fede a Il Roma. “Era già capitato a dicembre la stessa cosa e sempre intorno alle quattro del mattino. Stessa scena, stessa storia. Ho cercato di spiegare che ero stato autorizzato regolarmente per gravi motivi di famiglia, ma solo dopo un meticoloso controllo dei documenti miei ma anche della mia collaboratrice, hanno lasciato la camera. Ancora una volta hanno voluto trattarmi come un boss“.